Sono passate venti giorni dalla pubblicazione della circolare 2842 del 6 agosdto l’Inps che annunciava la fine della copertura dell’indennità di malattia in caso di quarantena, limitandola al solo 2020 con la sola esenzione dei «lavoratori fragili» fino al 30 giugno 2021. Nella stessa comunicazione – arrivata come un fulmine a ciel sereno – la stessa Inps motivava la decisione molto chiaramente: «Poiché per il 2021 il legislatore non ha stanziato nuove risorse».

Sindacati e imprese si attendevano un veloce rifinanziamento da parte del governo, magari allungato dalla pausa ferragostana. Ma le settimane sono passate e niente si è mosso. Neanche la lettera di Cgil, Cisl e Uil ai ministri Andrea Orlando e Daniele Franco che chiedeva «un intervento normativo urgente che consenta all’Istituto di assicurare alle lavoratrici e ai lavoratori le tutele» ha avuto risposta.

Nel frattempo Unimpresa ha stimato quanto un’azienda sarebbe costretta a pagare per ogni lavoratore che deve fare una quarantena per contatto stretto con un positivo: 6-700 euro per 10 giorni di isolamento, 900-1.000 euro per 15 giorni di assenza. Chiaramente le imprese – a cui l’Inps girava gli indennizzi previsti finora – non hanno alcuna intenzione di pagare questi soldi e si rivarranno sulle buste paga dei lavoratori, sebbene non sia escluso che gli stessi possano impugnare legalmente la decurtazione in busta paga. «Se le aziende non copriranno le prestazioni Inps, per i lavoratori ci sarà un danno in busta paga tra i 600 e i 700 euro, in media, per 10 giorni di assenza. Considerando tre settimane – il periodo più lungo per l’isolamento fiduciario con scarsi sintomi, che corrispondono a 15 giorni lavorativi – si arriva a 950-1.000 euro al mese», calcola Uninpresa.

DI CERTO C’È CHE I LAVORATORI – tranne i fortunati che possono lavorare in smart working da casa – che risulteranno assenti non avranno riconosciuti i contributi figurativi per quei giorni, con effetti negativi sia sull’assegno pensionistico e che sul conteggio dei periodi di contribuzione richiesti per la possibile pensione anticipata.

IN PIÙ ESISTE IL RISCHIO che i lavoratori – pur di non rinunciare al salario – non facciano la quarantena anche in caso di contatto con infetti. L’unica soluzione dunque è il rifinanziamento del fondo Inps che nel 2020 ammontava a 663,1 milioni.

Se dal ministero del Lavoro si fa sapere che una soluzione è stata individuata. Ma il vero problema riguarda la copertura e arriva in un momento nel quale i rapporti tra il ministro Andrea Orlando e l’omologo dell’economia Daniele Franco sono praticamente azzerati. Orlando infatti non nasconde più la rabbia per i ritardi del Mef nello stimare le risorse necessarie alla partenza della riforma degli ammortizzatori, su un testo pronto da mesi. Stesso discorso vale per l’intervento sulle pensioni per evitare il ritorno della Fornero dal primo gennaio.

Franco – voluto fortemente da Draghi con cui aveva già lavorato in BankItalia – si sta dimostrando un cerbero rispetto ai conti pubblici, riportando l’austerità a via Xx Settembre che solo il Covid aveva fatto interrompere.

INTANTO CGIL, CISL E UIL OGGI torneranno alla carica con una nuova lettera al Mef, ma il tema del finanziamento del fondo Inps per la quarantena non è stato nemmeno nominato nel consiglio dei ministri di ieri e non è in programma nel prossimo. E non è detto che basti un decreto interministeriale per vararlo.

INTANTO IL PRESSING delle forze politiche è completo. Dopo Sinistra Italiana, Rifondazione comunista – che ha lanciato una petizione on line su Change.org «la quarantena si paga, governo rifinanzi copertura» – Pd e la dura nota del M5s – «la proroga dello Stato di emergenza impone che sia prorogata l’indennità di quarantena e per i lavoratori fragili, nel “Sostegni bis” usate risorse su emendamenti che poco avevano a che fare con lo stato di emergenza, pertanto esigiamo che il governo sani questo macroscopico vulnus» – ieri è arrivata, buona ultima, Giorgia Meloni. Forse Franco la ascolterà.