Si è aperta ieri la settimana decisiva della Conferenza mondiale sul clima di Parigi, quella che dovrebbe terminare entro venerdì con un accordo che sostituisca nel 2020 il protocollo di Kyoto.

La maggior parte dei delegati delle ong sono già ripartiti dal contro vertice di Montreuil del 5 e 6 dicembre: ora sono di scena i politici, cioè i ministri dei 196 paesi che hanno inaugurato una settimana fa il vertice.

Sia il segretario di Stato Usa John Kerry sia il ministro francese, presidente ospitante della Cop 21, Laurent Fabius hanno fatto un appello per il raggiungimento giovedì, un giorno prima della chiusura, di un accordo, che pur mantenendo il tetto dei 2 gradi di media, includa anche il riferimento a una soglia più bassa, fino a 1,5 gradi, come sollecitato dai paesi più vulnerabili .

Kerry e Fabius hanno ricordato anche la volontà di «aiutare i Paesi più poveri che non hanno denaro e tecnologia per affrontare i cambiamenti climatici».

La verità è che la bozza di testo sventolata da Fabius nel week end è piena di parentesi – tonde per obiettivi a lungo periodo e quadre se non c’è piena convergenza -e come ha detto il rappresentante del Brasile «ogni parentesi aggiunta nel testo è come una molecola di gas serra in più nell’atmosfera».