L’Italia finalmente, dopo vent’anni di dibattiti e rinvii, ha una nuova legge per la Cooperazione internazionale allo sviluppo. Approvata in via definitiva dal Parlamento, la 2498/14, introduce indubbie innovazioni rispetto alla precedente legge del 1987, risalente alla guerra fredda, a partire dalla nuova definizione di «Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale» (Maeci) che rende la cooperazione «componente prioritaria e qualificante della politica estera italiana».

Il livello di centralità politica è assicurata con la nomina di un Viceministro cui sono delegate tutte le competenze in materia di cooperazione allo sviluppo e a cui fanno riferimento una Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo presso la Farnesina con competenze politico-diplomatiche generali suddivise per aree di intervento, e un’Agenzia con ampia autonomia organizzativa, gestionale e di bilancio. Le linee di intervento vengono definite all’interno di un documento triennale di programmazione e di indirizzo politico e strategico, approvato dal Consiglio dei Ministri anche sulla base relazione annuale presentata al Parlamento, che mantiene così le sue prerogative di indirizzo e controllo.

Viene anche reintrodotto il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, col mandato di assicurare la programmazione, il coordinamento e la coerenza dell’insieme delle politiche e delle attività di cooperazione. Viene inoltre istituito il Consiglio Nazionale dei soggetti ed enti interessati, pubblici e privati, non profit e profit, nazionali e territoriali, che ha il compito di definire strategie, linee di indirizzo, programmazione, forme di intervento e la valutazione delle azioni di cooperazione.

Un punto critico, all’interno di questo impianto innovativo, è certamente quello del ruolo del settore privato che, insieme agli altri soggetti – Ong, Università, centri di ricerca e enti locali, organizzazioni non profit della società civile intese in senso ampio, compresi il commercio equo e solidale, imprese cooperative e sociali, le associazioni di immigrati, le regioni e agli enti locali, università, altre istituzioni pubbliche e private capaci di alimentare i rapporti di cooperazione – viene a questi equiparato a patto che le imprese aderiscano «agli standard sulla responsabilità sociale, alle clausole ambientali, al rispetto delle norme sui diritti umani per gli investimenti internazionali».

Ben si comprende che in questo campo sarà necessaria una vigilanza particolare, onde evitare che la legge si trasformi da strumento di cooperazione e solidarietà internazionale a dispositivo per la promozione dell’export italiano o in una nuova Ice, come negli anni di Farnesopoli, la versione estera di Tangentopoli, era diventata la cooperazione a guida socialista.

Un ruolo importante è previsto anche per la Cassa depositi e prestiti, che potrebbe assolvere così ai compiti di istituzione finanziaria con la quale l’Agenzia potrebbe stipulare convenzioni per «la gestione dei profili finanziari delle iniziative di cooperazione e per la strutturazione di prodotti di finanza per lo sviluppo nell’ambito di accordi con organizzazioni finanziarie europee o internazionali o della partecipazione a programmi dell’Unione europea».

Qui, infine, si tocca il nodo delle risorse, attualmente drammaticamente al di sotto di tutti gli accordi ed impegni internazionali con un risibile 0,2% del PIL a fronte di una media europea dello 0,3 e di un dichiarato 0,7 in sede Onu, poiché viene affermato «un percorso definito di graduale adeguamento degli stanziamenti annuali, tale da porre l’Italia in linea con gli impegni assunti a livello europeo e internazionale», sempre che il Patto di stabilità o le varie spending review lo permettano.

Una legge dalle potenzialità positive dunque, ma che racchiude anche zone d’ombra e possibili slittamenti che andranno monitorati sin dalla discussione del regolamento applicativo, vero «diavolo nei dettagli» di tutte le normative quadro che rischiano di essere radicalmente stravolte nella loro ratio dall’applicazione fattuale.