Qui al cohousing c’è vivace brusio della Primavera, ma dentro casa siamo ancora rapiti dall’incontro dell’Associazione Orosia «conversazioni in Inverno» del 18 e 19 marzo. È un convegno «interno» che avviene nella casa, quest’anno dal titolo «Il coro nella neve». Amici raccontano loro progetti e stili di vita e noi, abitanti del Cohousing, raccontiamo le nostre vicende. Quest’anno l’incontro interno è poi continuato nelle strade del paese e della città di Ivrea con i Giorni di Orosia (19,20,21 marzo) aperti al pubblico con riflessioni, eventi, sui fini dell’Associazione: valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente e riflessione sulle «buone relazioni».

I giorni di Orosia sono stati un laboratorio di straordinaria qualità sulle metamorfosi dei paesaggi e territori e sguardi sulla via Francigena. Hanno proposto a Ivrea antichi film di famiglia (CIAN), frammenti della storia dell’Olivetti, (Sandro Gerbi su Giovanni Enriques) confronti di cinema e letteratura (Tullio Masoni e Adriano Aprà), storie antiche e di sacro con lo stupefacente film «La lingua dei furfanti-Romanino in Valle Camonica» di Elisabetta Sgarbi e «Il prato» dei fratelli Taviani, con il montatore Roberto Perpignani.

Stasera ricordiamo ogni momento dell’incontro interno. Parole e canti insieme affioravano, camminavano, scomparivano dentro una scenografia di campi e alberi di neve, bianco, silenzio. Coro di canzoni di partigiani e alpini, coro di racconti e pensieri degli amici: della donna avvocato, del colonnello in pensione ancora al servizio degli altri, degli sguardi di una giovane su Giappone e artigiani, di documentari dei movimenti anni ’70 vissuti in prima persona, di prose lette, foto di un passato senza tempo, di ricordi di una bimba in lacrime, da piccola, di una baita di montagna da vivere in tanti, e poi poesie e film di Maximo Collins: un viaggio nel cuore nostro e della terra ai confini del sogno, dell’attesa, dell’inconscio. E noi abitanti del cohousing a raccontare a loro il perché di queste giornate: perché celebriamo un’idea e un progetto nato più di 30 anni fa di un abitare che oggi si va sviluppando come modello di comunità nelle forme di cohousing ed ecovillaggio. Perché in questo tempo sentiamo il bisogno di una ricerca sulle pratiche di buone relazioni, perché, con il raccontarci, ci sentiamo con altri «comunità di destino», come scrive E. Borgna, come comunità che vive la vita degli altri e il nostro futuro, come qualcosa che appartiene a tutti e su cui riconoscersi. Perché da questo luogo di campagna proponiamo cultura, come scrive Nossiter, come «gesto di vita», che ci avvicina con le ragioni del cuore a quelle nostre radici umane di convivenza amorevole con gli altri che ci fa stare così bene.