Lunedì alcune migliaia di manifestanti (secondo Klubrádió) hanno protestato nel centro di Budapest contro la nuova proposta di legge concepita dal governo Orbán che mette le mani sulle nomine dei direttori dei teatri ungheresi. I dimostranti sono scesi in piazza per sostenere il principio di una cultura indipendente. Il provvedimento istituirebbe un Consiglio Nazionale della Cultura a guida ministeriale, con il compito di «stabilire priorità e direttive in ambito culturale». Secondo quanto si apprende, il ministro competente avrebbe anche voce in capitolo sulla nomina e sul licenziamento di direttori teatrali presso strutture finanziate in modo congiunto dallo Stato e dai comuni. Obiettivo di questa proposta di legge è «difendere efficacemente gli interessi e il benessere della nazione». La tutela degli interessi nazionali in tutte le sue articolazioni è la motivazione standard dell’esecutivo per giustificare provvedimenti atti in realtà ad ampliare il suo controllo sulla vita pubblica del paese. I sostenitori di questa iniziativa non fanno mistero del loro intento di porre fine a quella che definiscono egemonia culturale degli ambienti liberali di sinistra nel panorama culturale ungherese. Del resto, il primo ministro Viktor Orbán afferma che i suoi successi elettorali l’hanno legittimato a ridefinire i vari aspetti della vita nazionale.

Secondo Orbán il governo del Fidesz è ora chiamato a svolgere un compito di prioritaria importanza che consiste nell’«incorporare il sistema politico in un’epoca caratterizzata da determinate valenze culturali». Per il premier e i suoi collaboratori e sostenitori si tratta di un impegno prioritario per portare avanti il processo di rinnovamento del paese e tagliare con un passato definito caotico e corrotto: quello dei governi liberalsocialisti un tempo alla guida dello Stato danubiano.

Già nel 2011 aveva destato scalpore la nomina alla direzione del Teatro Nuovo (Új Színház) di Budapest dell’attore György Dörner.

Legato alla destra radicale, sostenitore del recupero dei territori ungheresi perduti dopo la Prima guerra mondiale, Dörner aveva assunto l’incarico con l’intento di dar luogo a una vita teatrale in grado di esprimere i «valori nazionali» e il «vero spirito ungherese». La sua era una dichiarazione di guerra contro quello che definiva carattere commerciale e leggero dei teatri di Budapest da lui paragonati a dei bordelli. L’iniziativa dei giorni scorsi viene messa in relazione da fonti ufficiali al caso che vede protagonista il regista teatrale Péter Gothár, accusato di molestie sessuali che sarebbero avvenute in un teatro di Budapest. Il governo avrebbe tratto spunto dall’episodio per dotarsi del potere di licenziare figure a suo avviso inadeguate o indegne di lavorare nelle strutture teatrali ungheresi. Per dovere di cronaca va precisato che Gothár è stato sospeso dal ruolo di docente presso l’Accademia di Arte Cinematografica della capitale magiara.

L’Associazione dei Teatri Ungheresi vede nella proposta di legge un’intollerabile riduzione delle libertà artistiche, mentre Gergely Karácsony, sindaco d’opposizione eletto lo scorso ottobre, sostiene che l’iniziativa del governo è «un passo in una direzione sbagliata capace di eliminare la diversità culturale che è sinonimo di libertà». Il governo Orbán non è nuovo a operazioni di questo genere e in questi ultimi nove anni ha messo le mani dappertutto. I manifestanti sostengono che l’esecutivo sta riducendo sempre più gli spazi di libertà nel paese; fanno eco a queste accuse le critiche europee rivolte al premier magiaro per questo suo nuovo attacco alla democrazia che ora mira ad asservire i teatri ungheresi.