La Ue è stata all’avanguardia nel liberalizzare i movimenti di capitale: tolti i controlli nel 1990, nel 1992 la speculazione ha fatto crollare il precario Sistema monetario europeo (la lira si svalutò del 30%). Con una finanza che sposta continuamente enormi quantità di capitali da un paese all’altro, da un investimento all’altro, da una valuta all’altra, tutti i paesi – anche quelli che conservano la sovranità monetaria – sono esposti al rischio di bolle speculative – quando entrano troppi capitali, come in Islanda, Irlanda, Spagna – o di una spirale fatta di svalutazione, inflazione, deficit estero quando i capitali sono in fuga (sta avvenendo ora in molti paesi emergenti).

Fmi e la Banca Mondiale parlano apertamente della necessità di ridurre l’instabilità dei flussi finanziari mondiali. Molti paesi hanno introdotto depositi preliminari per incoraggiare gli investimenti a lungo termine. Da Washington, Londra e Berlino crescono le pressioni sulla Svizzera per limitare la segretezza che circonda i capitali che sbarcano a Zurigo. La stessa Unione europea ha introdotto rigidi controlli sui movimenti di capitale quando è intervenuta per salvare il sistema finanziario di Cipro, il più recente (e dimenticato) scandalo che ha colpito un paese dell’area euro.

Su questo fronte servirebbe una riforma del sistema finanziario internazionale, che introduca forme di controllo dei capitali in entrata e in uscita, limitando i flussi speculativi; le iniziative unilaterali di singoli paesi – come nel caso del default dell’Argentina – finiscono per isolare i paesi che ne fanno uso. Naturalmente, la tassa sulle transazioni finanziarie è uno strumento importante per ridimensionare i flussi speculativi, insieme alle misure sulla finanza presentate in “Banche da legare”, il n.4 di Sbilanciamo l’Europa.