Fernando Rotondo, già maestro elementare, professore e preside di scuola media e docente di letteratura per l’infanzia all’Università di Milano-Bicocca oltre che collaboratore di riviste come L’indice dei libri del mese, Biblioteche oggi, Liber, ecc., ha recentemente pubblicato un libro sui Percorsi di lettura nella collana Conoscere la biblioteca dell’Editrice Bibliografica. La collana si pone come strumento di agile divulgazione sui servizi bibliotecari rivolto sia a chi lavora nelle biblioteche e vuole trovare un compendio elementare su qualche aspetto professionale, sia soprattutto agli utenti, reali ed auspicabilmente pure quelli potenziali, di un’istituzione culturale che in Italia, seppur funestata da tagli di fondi che penalizzano prima di tutto gli aspetti meno appariscenti, continua ad avere ambiti di eccellenza e di servizio ben al di là di quelli che normalmente ci si è abituati ad attendere dalla pubblica amministrazione (ad esempio: quale altro ufficio, teoricamente anche più “vitale” per la vita del cittadino, è aperto in orario serale o festivo?). Al suo interno il volume di Rotondo si inserisce per ragionare di come, anche grazie all’opera “democraticamente” promotrice delle biblioteche, si sia, all’incirca dal secondo dopoguerra in avanti, operato un’opera di “sdoganamento” della narrativa di genere fino alla sua considerazione attuale, sia da parte della critica sia del mercato, alla pari di quello che prima veniva definito “mainstream”, la “corrente principale” della letteratura narrativa che non si piegava “pregiudizialmente” al ricettario narrativo di questo o quel genere.

E certo se pensiamo all’influenza che autori “di genere” come Philip Dick o Stephen King, John Ronald Ruel Tolkien o Jim Thompson, Danielle Steel o John Le Carré hanno avuto sull’immaginario contemporaneo non possiamo non concordare sul fatto che la cultura pulp ed underground sia oggi quella mainstream. Pensiamo ai best-seller che ci assalgono in aggressive montagne in qualsiasi libreria: da Dan Brown a James Patterson, da Clive Cussler a Nicholas Sparks, si tratta comunque di opere che obbediscono – in maniera più o meno fedele – ad un ben preciso canone narrativo. Merito delle biblioteche è stato indubbiamente quello di precocemente contribuire ad abbattere gli steccati tra questi vari canoni e permettere per le proprie sale la libera circolazione ed interscambio tra personaggi come “Sherlock Holmes e Marlowe, Poirot e Miss Marple, James Bond e il commissario Montalbano, Dracula e Frankenstein, Gandalf e Harry Potter, Sandokan e il Corsaro Nero, le donne amorose e profumate di Liala e le femmine frustate e sfumate di grigio, Bella e la bestia di Twilight, il Neuromante di Gibson e il replicante morente che ha visto cose che noi umani non avremmo mai potuto immaginare…”, quello di riconoscere e accogliere e proporre i nuovi generi, spesso frutto di ibridazioni apparentemente frutto unicamente di calcolo commerciale ma che si sono sapute scavare un solco nel cuore di un pubblico affezionato. Paradigmatico il “non-genere” young adult – coltivato e sostenuto principalmente a partire dalle biblioteche statunitensi intenzionate a creare un anello di raccordo tra le sezioni e i programmi per ragazzi e quelli per adulti – adatto ad una generazione che si fa adulta senza tuttavia abbandonare le passioni infantili (da Harry Potter ai videogame).

Ma, mi sembra di poter affermare, c’è anche un rovescio della medaglia – a ciascuno giudicare quanto piccolo o grande – che Rotondo non considera: fino a quando la narrativa di genere è stata confinata in ghetti letterari, ha saputo esprimere con maggiore energia e vitalità la propria interpretazione del mondo. Pensiamo alla vitalità ed alla carica eversiva di correnti come il cyberpunk o lo splatterpunk, pensiamo alla carica sovversiva del noir delle origini. In qualche modo queste cariche sono anche l’effetto dell’incubazione in ambienti ristretti e conclusi, indubbiamente a loro modo anche soffocanti per gli autori. E infatti non troviamo più la medesima perniciosità al quieto leggere nelle superstar della letteratura odierna. E se è la sovversione che vogliamo, siamo costretti a cercarla ancor oggi nelle pieghe della letteratura, che non è più – solo – di genere ma che si nasconde nell’autopubblicazione o in progetti periferici e tangenziali alla letteratura dei festival e delle classifiche (e non posso non pensare, ad esempio, al fenomeno cross-mediale trans-nazionale Metro 2033, di cui c’è in uscita il nuovo episodio italiano sempre a firma di Tullio Avoledo). È la narrativa 2.0 con “user generated content” che le biblioteche odierne fanno molto più fatica a gestire perché non si concretizza in materiale “minore” ma tangibile come succedeva per la “pulp fiction” ma si muove multiforme per le autostrade digitali per percorrere le quali, spesso anche per la miopia del legislatore, esse troppo spesso non hanno strumenti adeguati.