«Nei palazzi della politica non parlano d’altro. Quando si vota? Come si vota? Chi si candida? Sono temi che sento molto lontani», assicura Matteo Renzi riaccendendo i blog – ieri ha aggiornato tanto quello tradizionale quanto quello nuovo. In realtà si parla anche del congresso del suo partito, se anticiparlo come chiede (adesso) la minoranza Pd, o tenerlo a scadenza naturale, come vuole (adesso) lui. Tra le due discussioni c’è un evidente legame, perché il congresso si potrebbe fare prima del voto solo se il voto non fosse dietro l’angolo. E invece negli ultimi giorni, malgrado non ne parli pubblicamente (neanche nell’intervento di sabato a Rimini), il segretario del Pd sta forzando al massimo per assicurarsi le elezioni a giugno.
Le sue motivazioni concrete – oltre a quelle più umorali, come l’insofferenza per la retroguardia e la paura del cono d’ombra – sono essenzialmente due. La possibilità di fare le liste e dunque accaparrarsi la fedeltà delle correnti, grazie soprattutto al meccanismo dei capilista bloccati che la Corte costituzionale ha salvato. In questo modo, scegliendo cento favoriti che non dovranno passare per la guerra delle preferenze, Renzi può costruire sulla carta oltre la metà del futuro gruppo Pd alla camera. È con questo genere di argomenti che si sta rivolgendo ai capicorrente per essere sicuro che lo seguiranno nella corsa alle urne. Il secondo motivo che spinge Renzi a non aspettare la scadenza naturale della legislatura, si è detto, è l’esigenza di non intestare al Pd la prossima legge di bilancio, che sarà pesantissima vista la situazione dei conti e la scadenza di nuove clausole di salvaguardia. In coerenza con questa decisione, Renzi non può accettare neanche di votare a giugno dopo aver dato il via libera a una manovra correttiva altrettanto depressiva. I nodi con l’Europa però stanno venendo al pettine in queste ore. Per questo Renzi ha ripreso ad attaccare Bruxelles con gli stessi argomenti da campagna elettorale che usava quando era a palazzo Chigi. Solo che adesso gli viene persino più facile. Perché non è più a palazzo Chigi e perché effettivamente è in campagna elettorale.
Ieri è riuscito a criticare (con 48 ore di ritardo) Trump per la chiusura delle frontiere, criticando di più «alcuni leader europei» che «non sono legittimati a dare lezioni morali» perché «non hanno mosso un dito per i rifugiati africani sbarcati in Sicilia». E non ha dimenticato un affondo sui «Dracula» di centrosinistra che hanno voluto un «fisco vampiro», mentre lui, con la voluntary disclosure, ha scelto «un fisco amico». Gli slogan sono quelli della propaganda berlusconiana e le tasse sono il classico argomento da campagna elettorale.
Nel frattempo la bandiera del congresso subito unisce le minoranze interne al partito – i bersaniani, il presidente della regione Toscana Rossi che ha lanciato anche una petizione, il deputato Boccia che minaccia una raccolta di firme – e chi sta già organizzando la scissione come Massimo D’Alema. «Il congresso era previsto per ottobre 2017 perché le elezioni erano previste nel febbraio 2018 – ha detto -. Com’è ovvio se si anticipano le elezioni si anticipa anche il congresso». Ospite della trasmissione di Bianca Berlinguer, D’Alema ieri ha estremizzato le sue conclusioni: «Tra i tre e i cinque milioni di elettori si sono già scissi dal Pd. Se Renzi non farà il congresso sarà lui che imporrà una frattura nel partito». L’ex presidente del Consiglio non crede che l’attuale premier possa fare muro alle richieste dello scalpitante segretario, «purtroppo Gentiloni dichiara di mettersi a disposizione delle direttive di Renzi e non dei cittadini», e dunque non più se ma quando Renzi gli chiederà di «sbaraccare», «la reazione sarebbe una nuova lista». Che, è convinto D’Alema, può superare il 10% (dunque anche lo sbarramento del senato). L’11% o addirittura il 14% secondo i primi sondaggi diffusi ieri sera. Che però stimano Bersani e i bersaniani con la lista di D’Alema. Cosa che è tutta da vedere. Le offerte di Renzi – che comprendono l’ipotesi di non candidarsi a palazzo Chigi, cosa che però con la legge proporzionale è naturalmente esclusa per tutti i contendenti – stanno arrivando a tutti.