Giovedì ha levato l’ancora dal porto di Napoli e, dopo mesi di stop, l’Ong catalana Proactiva open arms si è diretta «verso la frontiera più letale del pianeta, il Mediterraneo centrale». Il ministro dell’Interno Salvini ha lanciato ieri il suo anatema: «Ong avvisate mezze salvate: maxi multa, sequestro dell’imbarcazione, divieto di ingresso nelle acque territoriali e, in caso di disubbidienza, arresto. Siccome ci sono Open Arms e Alan Kurdi (nave dell’Ong tedesca Sea Eye, ndr) che dai tracciati pare si stiano avvicinando alla Libia, avete capito come funziona in Italia, non ci prendete più per fessi». Riccardo Gatti, capomissione di Proactiva Open Arms, racconta: «Avevamo intenzione di dirigerci prima verso Lampedusa per portare la nostra solidarietà a Sea Watch, con generi di prima necessità».

Gatti, la capitana Carola Rackete ha forzato il blocco per far sbarcare i naufraghi. Per questo è stata arrestata.

È vergognoso rendersi conto che la situazione di crisi a bordo della Sea Watch 3 è stata creata ancora una volta dagli spregevoli atteggiamenti di alcuni membri del governo italiano, che usano le istituzioni a loro piacere. Ormai sono azioni che continuiamo a denunciare da anni e che aumentano di violenza ogni giorno. Sono atti di abuso istituzionalizzato, servendosi di ogni mezzo possibile, dalle menzogne fino all’invenzione di decreti legge che cercano di svincolarsi dagli obblighi legislativi internazionali, nella continua violazione delle convenzioni internazionali. I rappresentanti del governo italiano mostrano disprezzo per la vita umana.

Salvini sostiene che bisogna salvaguardare i confini.

Stiamo parlando di un numero esiguo di persone soccorse che, invece di essere fatte sbarcare il prima possibile dalle autorità competenti, come è d’obbligo, sono state usate per propaganda politica dal governo. Sosteniamo l’equipaggio della Sea Watch 3, la comandante e la Ong e appoggiamo fermamente le decisioni prese. Ne va della salvaguardia della vita e della dignità delle persone.

Qual è la vostra missione?

Monitoraggio e denuncia delle violazioni dei diritti umani. Quando non ci sono le Ong in mare è più facile effettuare i respingimenti collettivi dei naufraghi. Ricordiamo che i respingimenti sono illegali per gli stati europei. Oppure non effettuare i soccorsi lasciando le persone al loro destino di morte. Se, durante la missione, dovessimo incrociare un natante in difficoltà interverremo perché è un preciso obbligo, se non lo facessimo violeremmo le norme del mare. A quel punto chiederemo al Centro di coordinamento competente il porto di sbarco sicuro più vicino che, nel Mediterraneo centrale, può essere solo a Malta o in Italia. Se non ci verrà assegnato, gli stati si assumeranno la responsabilità di violare le leggi. Persino il ministro degli Esteri italiano sa che la Libia non ha porti sicuri. Ci sono sentenze e documenti Onu che accertano la presenza di milizie criminali nella Guardia costiera di Tripoli eppure l’Italia e l’Ue ci fanno accordi. La nostra missione è proteggere con la nostra presenza le persone in pericolo di vita fin quando le autorità preposte non ci sostituiranno.

L’Olanda ha reso più restrittiva l’iscrizione al registro navale. L’Italia ha varato il decreto Sicurezza bis per impedire lo sbarco delle Ong. La Spagna?

Ci hanno tenuti fermi a Barcellona per due mesi. Ad aprile abbiamo portato 20 tonnellate di aiuti umanitari a Lesbo, in Grecia. Ci hanno dato l’autorizzazione a salpare imponendoci delle regole: non svolgere attività di Ricerca e soccorso, non raggiungere l’area Sar libica pena una multa tra i 300mila e i 900mila euro. Poi ci hanno tenuti bloccati di nuovo per mesi senza un vero motivo. Alla fine abbiamo avuto il via libera ma se effettueremo soccorsi senza autorizzazione o sottraendoci al coordinamento dell’autorità competente scatteranno le multe fino a 900mila euro. Si stanno storpiando le normative internazionali per via amministrativa solo per bloccare le Ong. Il 7 giugno a Pozzallo è sbarcato l’Asso 25 con 62 naufraghi. Siccome si tratta di una nave di appoggio delle piattaforme Eni nessun ministro si è messo di traverso.