Stamattina Napoli sarà attraversata da un banco di sardine nere, le sardine del Movimento migranti e rifugiati nato all’Ex Opg Je so’ pazzo: si muoveranno in corteo da piazza Garibaldi alla questura per rivendicare il diritto al permesso di soggiorno, l’abolizione del decreto Sicurezza e, in particolare, che le domande presentate prima della sua entrata in vigore possano avere accesso alla protezione umanitaria (che la norma ha abolito), come stabilito dalla Cassazione. «Siamo quelli che non c’erano nelle piazze italiane di queste settimane – spiegano – eppure siamo il bersaglio preferito della propaganda leghista. Abbiamo attraversato il deserto, siamo fuggiti dai campi libici e adesso nuotiamo nel mare della burocrazia e del razzismo istituzionale».

Con il Conte bis la musica per loro non è cambiata, le norme bandiera di Matteo Salvini quando era al Viminale sono rimaste intatte, nonostante le dichiarazioni di principio rimaste lettera morta. «Da quando è entrato in vigore il primo decreto Sicurezza – spiegano gli attivisti – i migranti non riescono a convertire la protezione umanitaria in permesso di soggiorno per lavoro. Sono condannati a nuotare in un mare di odio, razzismo e sfruttamento». A un anno dall’entrata in vigore del decreto, l’80% di domande di asilo esaminate in Italia nel 2019 è stata respinta. Nel 2018 erano il 67%. Il numero degli irregolari dovrebbe toccare 680mila quest’anno e superare i 750mila nel 2020.

Il corteo si fermerà davanti la questura, spiegano, perché «i canali di comunicazione, che sono sempre stati buoni, negli ultimi 12 mesi si sono allentati». Il Movimento e gli avvocati dello sportello legale dell’Ex Opg hanno stilato l’elenco di ingranaggi che producono la negazione dei diritti. Il primo livello da superare è anche il più tossico. In origine il migrante doveva mettersi in fila per fare la domanda nel solo giorno a settimana in cui era possibile: arrivavano di notte e spesso attendevano invano. Adesso il meccanismo è più sottile: c’è ancora un solo giorno a settimana ma la prenotazione si fa on line, solo 40 fortunati per volta.

Chi supera il primo step si trova nel quadro successivo: la richiesta di iscrizione anagrafica per il rilascio del permesso di soggiorno. «Le norme non la prevedono, è una richiesta chiaramente illegittima – spiegano gli attivisti -. L’iscrizione anagrafica, a dire della questura, risponderebbe a esigenze di ordine e sicurezza, ma in realtà ciò che si verifica è l’impossibilità per i richiedenti di esercitare un diritto soggettivo. Il decreto Sicurezza ha peggiorato le cose: le questure hanno ritenuto che la norma precludesse ai richiedenti protezione internazionale l’iscrizione anagrafica così per i titolari di protezione si traduce nell’impossibilità di ottemperare a un obbligo».

Il terzo ostacolo è diabolico: chi riesce a ottenere la protezione internazionale si può presentare per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico ma, per ritirarlo, deve esibire il passaporto. «Si tratta di una prassi illegittima che non è prevista in nessuna normativa. Sedi consolari e ambasciate di molti paesi non sono presenti in Italia; molte di quelle presenti non rilasciano passaporti. Così chi è fuggito magari dalla guerra deve tornare nel suo paese per chiedere il passaporto». E poi c’è il colpo di genio: se l’impiegato commette un errore nella compilazione dei dati le spese di correzione sono a carico del titolare. Il più terribile dei dinieghi arriva per chi fa richiesta di permesso per cure mediche: «L’ufficio Immigrazione di Napoli non ha mai evaso le istanze, semplicemente rimangono inevase».