«Se non si può fare a Monaco durante la partita Germania-Ungheria, allora accendiamo l’arcobaleno in tutti gli altri stadi tedeschi». Ancora prima della politica il più clamoroso contropiede al divieto dell’Uefa di colorare l’Allianz Arena in solidarietà con la comunità Lgbt ungherese parte dai dirigenti dell’Eintracht-Francoforte. Hanno convinto prima i gestori dell’Olympiastadion di Berlino, campo di gioco dell’Hertha, poi i responsabili del Wolfsburg e infine l’amministratore delegato del Fc Colonia, Alexander Wehrle, pronto come gli altri ad alzare la barriera in difesa della comune area democratica: «Colonia e la sua squadra sono da sempre sinonimo di diversità e tolleranza. Ciò che succede in Ungheria è semplicemente spaventoso».

Fa il paio con la dura reazione dei partiti, a cominciare dal segretario generale della Spd, Lars Klingbeil, il meno diplomatico nel denunciare il vergognoso cedimento della federcalcio europea al diktat di Viktor Orbán: «Cara Uefa, sei peggio di quanto pensassi. Vergognati!» è il suo tweet, mentre la leader dei Verdi, Annalena Baerbock, invita i tedeschi a esporre la bandiera «contro l’omofobia» dai balconi di casa fino ai profili social.

Una protesta trasversale, al di là degli schieramenti politici e senza strumentalizzazioni elettorali. Al punto da far scendere in campo anche il governatore bavarese, Markus Söder, deluso perché «illuminare l’Allianz Arena sarebbe stato un bel gesto di libertà». Del resto, l’idea dell’arcobaleno è del sindaco di Monaco, Dieter Reiter, il più arrabbiato per la decisione imposta dall’Uefa: «Scelta vergognosa, la nostra città risponderà colorando tutti i suoi edifici principali».

Chi invece non è disposto ad accettare per niente il ricatto del governo ungherese è la comunità Lgbt della Baviera: ieri ha chiesto sia al gestore dell’Allianz Arena che ai dirigenti del Bayern di illuminare ugualmente lo stadio di Monaco nonostante il divieto. «Dobbiamo mostrare un chiaro segnale. L’Uefa ha fatto chiaramente vedere a tutti da che parte sta: non con chi lotta per una società diversa e giusta ma a fianco di chi vuole limitare i diritti» scandisce il portavoce Markus Apel.

Insomma, tutti uniti contro il governo Orbán, l’unico a festeggiare pubblicamente la censura dell’Uefa che «alla fine ha preso la decisione giusta» come sottolinea il ministro degli Esteri ungherese, Pe’ter Szijjarto.

Ma è tutt’altro che un match politico fra due Paesi europei. Il capogruppo della Csu al Bundestag, Alexander Dobrindt, mette in guardia sull’effetto collaterale del veto Uefa in Germania. «Sono indignato: le stesse idee omofobe sulla comunità Lgbt qui vengono portate avanti da Alternative für Deutschland. Una decisione diversa da parte del maggiore organo dirigente del calcio europeo avrebbe rappresentato la migliore risposta contro le indecenti dichiarazioni dei politici di Afd sulla fascia arcobaleno indossata dal capitano della nostra nazionale».