Questa volta vengo anche con l’esercito e la marina”, disse l’ufficiale giudiziario quando rinviò al  28 novembre l’appuntamento per lo sfratto dei locali della fabbrica recuperata RiMaflow di Trezzano sul Naviglio. Unicredit – proprietaria dei capannoni – ha usato in questi anni vari mezzi per evitare un accordo che regolarizzasse l’occupazione, regolarizzazione perseguita con tenacia ma invano dalla Prefettura di Milano. Non riuscendo con motivi validi, sta utilizzando tutti i terreni legali (e forse anche al di là di questi…) per evitare un precedente: altri lavoratori potrebbero fare lo stesso, con le sue o altre proprietà. In fondo i dirigenti di quella banca hanno una loro coscienza di classe, e ne difendono privilegi e la loro pretesa legalità. Oggi usano uno sfratto nei confronti di un’immobiliare in leasing che aveva il sito in gestione e non paga… per sgomberare lavoratrici e lavoratori della RiMaflow con la forza. 

Quelle stesse lavoratrici e lavoratori sanno bene di aver vissuto “pericolosamente” questi sei anni, passati attraverso tante sperimentazioni, iniziative, relazioni a tutto campo per creare una rete di mutuo soccorso e sostegno alle autoproduzioni (da lì è nata Fuorimercato – autogestioni in movimento). E sanno di dover sperimentare ancora una volta una strada nuova.

Fino all’ultimo (fino alla mattina allo sgombero) diranno alla banca che una soluzione per salvaguardare 120 posti lavoro costruito senza mezzi è anche problema suo; non accetteranno un secondo licenziamento dopo la chiusura della Maflow nel 2012.

Questa però non può essere una preoccupazione solamente loro, ma di tutte e tutti.

In questi mesi – di fronte ai rischi di un annullamento della loro esperienza – hanno ricevuto grande solidarietà e il sostegno di forze importanti, prima fra tutte la Caritas ambrosiana in quanto tale; questa solidarietà permette loro di affrontare la minaccia di sgombero con il massimo di partecipazione. Unicredit deve scegliere se perdere la faccia chiudendo questa esperienza virtuosa o se riaprire un dialogo.

Queste/i lavoratrici e lavoratori hanno ragioni da vendere: sono le leggi che se non corrispondono alla giustizia sono da cambiare, non il contrario. Le vicende dell’inchiesta e del confino per Mimmo Lucano, per chiudere l’esperienza di Riace, e l’ultima ridicola accusa rivolta alla Acquarius ne sono preoccupanti esempi.

L’appuntamento per tutte/i quelle/i che vogliono sostenere RiMaflow contro la minaccia di sfratto è fissata per mercoledì 28 novembre, dalle 8.00 davanti ai cancelli della fabbrica recuperata.