Lo «sblocca cantieri», sul quale stasera la Camera voterà la fiducia, è un decreto cucito dai Cinque Stelle su misura della Lega per fare sopravvivere il governo. Su questo provvedimento, ribattezzato dalla Cgil «sblocca porcate», si misura la frattura tra le promesse del movimento Cinque Stelle sui beni comuni, la legalità, la trasparenza e un’idea di crescita «sostenibile» e la realtà denunciata ancora una volta ieri inpiazza Montecitorio dai sindacati Cgil, Cisl e Uil e dall’ampio mondo delle associazioni come Libera, Avviso Pubblico, Legambiente, Arci, Acli, Sos Impresa, Centro Pio La Torre e Gruppo Abele. Le critiche al governo, e alla sua maggioranza, sono durissime e inquietanti: «Spostare alcuni punti centrali del provvedimento al 2020 è una furbizia, toccare 81 articoli con piccole modifiche è sconvolgente – ha detto Don Ciotti al presidio in piazza Montecitorio – Tutto questo significa aprire dei varchi, e la storia lo ha insegnato, alla corruzione e alle mafie. Siamo stanchi che per reggere questa politica scenda ogni giorno a compromessi sulla pelle della gente».

I SINDACATI hanno rilanciato l’appello disperato al governo a ripensare in extremis i contenuti del decreto. «Uno scempio legislativo che pregiudica la qualità dell’appalto e che non sblocca alcun cantiere – ha detto Giuseppe Massafra, segretario confederale Cgil minacciato da Salvini di querela – Anzi, attraverso questa controriforma non si fa altro che allungare e peggiorare la condizione complessiva nel settore degli appalti, si ripristina il massimo ribasso, si liberalizza il subappalto, si indebolisce il sistema di controllo, di trasparenza». «Provare a destrutturare il sistema permetterà ancora l’ingresso del malaffare nel sistema degli appalti. Sono delle misure ingiustificabili» ha aggiunto il segretario nazionale della Fillea Cgil Antonio Di Franco. Con lo sblocca cantieri «non si fa una semplificazione o una sburocratizzazione, ma si dà una cambiale in bianco a chi vuole mettere le mani sugli appalti – ha aggiunto Ignazio Ganga, segretario confederale nazionale della Cisl – Il percorso che si era fatto con il codice degli appalti – ha proseguito il sindacalista – era stato importante e noi stessi ritenevamo che alcuni orpelli del codice andassero mitigati, ma non sicuramente tramite un rimaneggiamento come quello che sta facendo il parlamento in queste ore». è un’autostrada per la corruzione negli appalti» ha detto il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio. «Questo decreto – ha sostenuto Rossella Muroni (LeU)- non aiuta nemmeno le aree colpite dal terremoto».

L’UFFICIO PARLAMENTARE di bilancio (Upb) e il presidente dell’Anac Raffaele Cantone hanno ampliato il ventaglio delle critiche. «La revisione del codice appalti – è il commento dell’Upb – non presenta una chiara direzione strategica» e potrebbe determinare «l’indebolimento del delicato meccanismo su cui si basa il codice del 2016 «fatto di pesi e contrappesi, per conseguire finalità e obiettivi divergenti e, talora, in conflitto tra loro. Ad esempio, semplificazione e rapidità delle procedure di appalto e adeguato contrasto dei fenomeni corruttivi e criminali». L’Upb ha inoltre segnalato che «le frequenti modifiche del quadro normativo, senza una adeguata trasparenza del punto di arrivo perseguito, accrescono l’incertezza in cui si trovano ad operare le stazioni appaltanti della pubblica amministrazione, rischiando di produrre l’effetto opposto di quello desiderato».

IN UN’AUDIZIONE alla commissione ambiente della Camera Raffaele Cantone (Anac) ha denunciato un altro aspetto del provvedimento: il ritorno all’«appalto integrato». «I suoi problemi non mi pare che siano stati messi a fuoco – ha detto – L’appalto integrato torna a pieno regime, ma la scelta di abbandonarlo nel codice del 2016 era nata dai risultati veramente molto negativi che aveva dato». Quello che uscirà oggi dal voto della Camera sarà un testo «completamente diverso e sempre più un ibrido rispetto alle linee generali del Codice. Ridurre i limiti di scelta a tre dei preventivi da valutare da parte delle stazioni appaltanti è oggettivamente pericolosa. è una scelta che rischia di mettere in discussione la qualità degli appalti e di creare anche una tensione non semplice nella loro gestione». Catone ha giudicato a «rischio di illegittimità costituzionale» le «deroghe e i poteri straordinari dei commissari». In questo modo il «modello Genova», si pensi al ponte Morandi, è stato esteso a tutti i lavori ritenuti prioritari.