Il «pacchetto scuola» è arrivato. Cosa c’è dentro? Di tutto, di più. Ma di tutto c’è poco, pochissimo. Anche se il Natale si avvicina, non si può proprio dire che si tratti di un pacco regalo. Immaginate che quello che è successo dal 2008 a oggi, alla scuola pubblica italiana, sia il suo affondamento in mare aperto. Ecco, ora possiamo dire che si cerca di correre ai ripari. Se non di invertire la rotta, di mettere almeno in salvo i milioni di piccoli passeggeri: gli studenti. Ma i soldi sono pochi, pochissimi. E allora lo si fa col famoso cucchiaino da tè. Si cerca di aumentare un poco il fondo dissestato per le borse di studio degli studenti universitari. Si ridà qualche briciola agli studenti meritevoli ma privi di mezzi. Si dà un’incipriata di tecnologia finanziando un pochino di libri di testo e di e-book da dare in comodato d’uso agli alunni in situazioni economiche disagiate. Si cerca di mettere la connettività wirless in alcune secondarie. Si mette un’ora in più di geografia in qualche scuola. Si annuncia l’immissione in ruolo di 69 docenti e di 16mila Ata entro il 2016. Si assumono 200 ricercatori, tecnici e personale di supporto alla ricerca per le attività di protezione civile, di sorveglianza sismica e vulcanica.
Insomma, rispetto al saccheggio alla scuola degli anni precedenti, c’è il timido tentativo di prendere atto dello sfacelo in atto e di coprire le vergogne più evidenti. C’è il tentativo di non razziare con tagli lineari ma di ragionare su come si possono dare i pochi soldi che ci sono. Ma i soldi sono veramente troppo pochi. Briciole. I nostri governanti ci tengono a rimanere tra i paesi europei che investono meno su scuola, ricerca, formazione. D’altra parte l’opinione pubblica non pare per nulla preoccupata.
Il Corriere della Sera, per esempio, pare dispiaciuto solo perché il merito, ancora una volta, dovrà attendere. Come se si trattasse solo di un problema di merito. La verità è che l’ideologia meritocratica è il modo più efficace per fascistizzare democraticamente la nostra società. E proteggere, rassicurare, riverire le élite economiche e politiche. Proprio inscenando una gara del merito alla pari, democratica, tra tutti i cittadini – sorvolando allegramente sul fatto che alla grande maggioranza di loro non sono garantite pari opportunità, partono fortemente svantaggiati – sono perdenti già prima che l’ipotetica gara inizi, sono immeritevoli. Scrive Mauro Boarelli: «In fondo è questo il succo del ragionamento dei meritocratici: la crescita economica come unico metro di giudizio (senza alcun interrogativo sulle componenti immateriali di tale crescita e sulla necessità di altri parametri di valutazione del benessere sociale), e il premio economico alla classe dirigente, ovvero ai depositari del merito». Spesso quando si parla dell’ascesa al potere di regimi totalitari, come il fascismo in Italia e il nazismo in Germania, si tende a sottovalutare il loro enorme consenso popolare che avevano. In alcuni riconoscerlo può creare imbarazzo e incredulità. D’altra parte è innegabile che, sopratutto nella loro fase nascente, fascismo e nazismo e altre forme violente di totalitarismo, come il comunismo, abbiano avuto un successo straordinario dell’opinione pubblica. Uno dei segreti di questo successo: la divisione della società tra meritevoli e immeritevoli, che poi si è sempre rivelata una società di pochissimi meritevoli e tantissimi immeritevoli. E ha condotto poi a derive estreme che in alcuni casi hanno portato direttamente al razzismo e allo sterminio. Non voglio dire che noi corriamo questo rischio, ma solo che l’ideologia meritocratica è sopravvissuta, è ancora tra noi e oggi gode di ottima salute. E’ un mostro che si aggira ancora tra noi e dentro di noi. Ed è ancora estremamente efficace nel creare facile consenso nell’opinione pubblica, composta in maggioranza di persone bisognose, ignoranti, frustrate e, soprattutto, assetate di un facile riscatto sociale. Anzi: spesso così assetate di un facile riscatto sociale e così disperate da accontentarsi anche solo del sogno di un riscatto, come la storia dell’ascesa politica e della permanenza al governo dell’Italia per oltre vent’anni di Silvio Berlusconi ci insegnano. C’è chi si chiede, incredulo, come sia stato possibile che tante, troppe persone – la maggioranza delle persone di un paese – abbiano sinceramente creduto al fascismo, al nazismo, al comunismo, al berlusconismo. Risposta: facendosi abbindolare dall’ideologia meritocratica, che ha sempre grande presa sul singolo individuo, specie se in uno stato di indigenza, ignoranza e frustrazione. L’ideologia meritocratica è da sempre la via maestra per intraprendere, in nome di un’ipotetica società migliore, le peggiori dittature.
In nome della libertà individuale, ci si autocondanna condannando a immeritevoli a vita. La meritocrazia è l’esatta antitesi della democrazia! Il bluff della meritocrazia è ancor più evidente analizzando un altro aspetto: nonostante si parli di merito ed eccellenza come il contrario di eredità, nepotismo e corruzione – e comunque da essi indipendenti – tra i più meritevoli vi è una spiccata tendenza ad accettare e a promuovere l’ereditarietà delle cariche. Come si comporta infatti la nostra società che predica con sempre più insistenza l’illibatezza della meritocrazia? Favorisce e incrementa dinastie di politici, giornalisti, sportivi e sportive, cantanti, attori, registi e intrattenitori di vario genere, crogiolandosi nella pratica del nepotismo».
Insomma, c’è una palese e sospetta contraddizione tra il dire e il fare.