Siccome non capita spesso, le “vittorie” se le rivendicano con una certa foga. E una volta tanto il capetto supremo dei centristi, Angelino Alfano, che per gli smemorati è anche un importante ministro del governo Renzi, ha trascorso la giornata di ieri a farsi i complimenti da solo. Supportato dai suoi compagni di crociata, tra cui non poteva mancare la deputata Paola Binetti che ha accolto come un dono del signore il pronunciamento dei giudici del Consiglio di Stato che si sono espressi in favore dell’annullamento delle trascrizioni dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso: “Il ministro Alfano ancora una volta intasca un successo politico e personale clamoroso nell’esercizio del suo mandato”. Eccolo, che gongola nei Tg della sera: “Le nozze gay in Italia non esistono, avevo detto che chi si sposa all’estero, essendo dello stesso sesso, non può trascrivere il matrimonio in Italia. Sono stato accusato, c’è stata una pioggia di ricorsi… ma abbiamo vinto! Adesso il Consiglio di Stato mi dà ragione su tutta la linea: i matrimoni tra persone dello stesso sesso non sono previsti dalla legge italiana, pertanto le trascrizioni fatte dai sindaci sono illegittime e la vigilanza è di competenza dei prefetti. Molto bene”.

Il messaggio politico è chiaro. Come dice Giorgia Meloni (FdI), “questa sentenza è una lezione per tutti quei sindaci di sinistra, da Roma a Milano fino a Napoli, che si ritengono al di sopra della legge e credono di poter firmare atti illegali”. Ma sono molti di più i comuni che si sono dotati di un registro delle unioni civili, a cominciare da Empoli che si è portato avanti già negli anni Novanta (Genova, Ferrara, Firenze, Udine, Rimini, Cagliari, Ravenna, Bari, Palermo e altri ancora). Le reazioni “contro” non si sono fatte attendere e chiamano in causa la politica (e il governo prima di tutto).

“Adesso tocca al parlamento riparare ad un torto e ad un danno rispondendo alla scelta di sindaci coraggiosi che hanno prodotto una decisione storica per il paese – dichiara il capogruppo di Sel Arturo Scotto – e la strada è segnata: l’Italia deve andare in Europa e in Europa ci sono i matrimoni egualitari e diritti civili moderni per le persone”. L’Arcigay sembra quasi prendere di slancio una sentenza che potrebbe anche accelerare un processo che è già nella storia. “Nelle motivazioni – spiega il presidente Flavio Romani – si percepisce una resistenza culturale, e poi giuridica, a considerare le coppie di gay e di lesbiche al pari di tutte le altre. La sentenza ha un retrogusto pilatesco, perché tenta di deresponsabilizzarsi rispetto a un tema cruciale. Nel contempo però i giudici non dimenticano di sottolineare che è la politica ad essere la grande latitante e a non peremettere al nostro paese il passo avanti che renderebbe insindacabile il riconoscimento delle coppie formate da persone dello stesso sesso”. La Rete Lenford, che con i suoi avvocati ha assistito le coppie gay che si sono sposate all’estero, ha deciso di impugnare la sentenza del Consiglio di Stato presso la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo: “Basta guardare il suo profilo twitter per rendersi conto delle posizioni conservatrici del giudice Diodato”.

Per Franco Grillini, presidente di Gaynet, “l’euforia della destra italiana, la peggiore e più bacchettona d’Europa è del tutto ingiustificata”. Anche lui punta il dito contro il giudice estensore della sentenza, “è un simpatizzante di Cl e nel suo profilo pubblicizza link e si schiera con le iniziative delle Sentinelle in piedi” (l’associazione ultra cattolica che manifesta nelle piazze su posizioni reazionarie e oscurantiste, ndr). Per tutti è chiaro che la battaglia per i diritti non sia di competenza di questo o quel tribunale. Lo dicono in coro diversi rappresentanti di Sel. Ma a questo punto è meglio sentirlo dire da un esponente del Pd, il partito da cui dipenderà l’esito di questa elementare battaglia per l’eguaglianza. “Dietro l’euforia che ha accolto questo verdetto – dice Micaela Campana, resposabile Diritti del Pd – ci sono le vite delle persone che meritano rispetto e l’impegno da parte dello Stato di colmare un vuoto legislativo che ci rende ultimi in Europa. Un dato non degno di un paese fondatore dell’Unione europea”.