Le strade de San José di Costa Rica sono state di nuovo invase mercoledì da una moltitudine di lavoratori, alla loro terza settimana di sciopero contro la riforma fiscale decisa dal presidente Carlos Alvarado, al potere da meno di 5 mesi.

L’hanno chiamata la «Marcia dei Gatti», rispondendo con ironia all’infelice previsione del governo in occasione della protesta del 12 settembre, quando aveva dichiarato che sarebbero scesi in piazza «quattro gatti». Si erano invece presentate 500mila persone.

Convocata dall’Unidad Sindical y Social Nacional, la gigantesca marcia ha visto sfilare (malgrado tutti gli ostacoli posti dal governo, che non ha esitato a bloccare gli autobus carichi di manifestanti diretti alla capitale) lavoratori di ogni categoria provenienti da tutte le regioni del paese, con mascherine da felini e cartelli con scritte del tipo «Quando i gatti ci sono, i topi non ballano».

E a quanto pare non balleranno ancora per un po’: governo e sindacati, tornati dopo la marcia al tavolo delle trattative, sembrano lontani da un accordo sulla controversa riforma fiscale, eufemisticamente definita dal governo Legge di rafforzamento delle finanze pubbliche.

Una riforma il cui principale obiettivo è la conversione dell’imposta generale sulle vendite in un’imposta sul valore aggiunto che andrebbe ad aumentare la quantità di prodotti e servizi tassati, prevedendo tassi del 4% per istruzione e sanità privata e del 2% per i beni di prima necessità.

Così, malgrado la repressione e i tentativi di criminalizzazione da parte dell’esecutivo, lo sciopero, arrivato al 19° giorno e sostenuto dal 65% della popolazione, è destinato per il momento a proseguire, con fortissime ripercussioni sul sistema scolastico e universitario, sui trasporti, sulla distribuzione della benzina, sul settore turistico e sul funzionamento degli ospedali. Per una perdita stimata di 120mila dollari a settimana, particolarmente pesante per le imprese legate al settore della banana e dell’ananas.

In un Paese considerato generalmente un modello di democrazia, stabilità e prosperità economica, ma in realtà segnato da livelli sempre crescenti di disuguaglianza sociale, la riforma fiscale segna un ulteriore inasprimento di quelle politiche neoliberiste già applicate dal precedente governo di Luis Guillermo Solís, di cui Carlos Alvarado è stato ministro del lavoro e della sicurezza sociale. Ma il Costa Rica non è certo un’eccezione nel panorama latinoamericano oggi dominato dalle destre.

Dall’Argentina all’Ecuador, dall’Honduras al Guatemala fino al Paraguay (tralasciando il caso particolare del Nicaragua), l’incremento delle mobilitazioni sociali è un fatto ormai evidente in risposta alle politiche di austerità applicate dai vecchi e nuovi governi di destra o agli scandali di corruzione che immancabilmente li accompagnano. Un’ondata di malessere sociale con cui le élite latinoamericane dovranno prima o poi fare i conti.