In un celebre passaggio del 18 Brumaio di Luigi Bonaparte Karl Marx afferma che i movimenti sociali spesso si contraddicono, arretrano e poi riprendono con ancora maggior slancio. È un tratto che si addice al movimento democratico che da quest’estate si è sviluppato in Russia.

IERI IN DECINE DI CITTÀ si sono tenute presidi di protesta contro il taglio dei medici decisi in molti ospedali. E la petizione contro la malasanità lanciata dalla «Alleanza dei medici» ha raggiunto 2 milioni di firme.

Il 30 novembre scorso le poteste aveva coinvolto 14 governatorati e 50 città in tutto il paese dopo che era venuto alla luce un caso che aveva commosso e indignato tutta la Russia. Due giorni prima una bimba di un anno, Nastya Orlova, che attendeva un trapianto di rene era stata dimessa dall’ospedale ed era morta senza emodialisi.

LE RESPONSABILITÀ dell’ospedale moscovita erano gravissime perché solo qualche giorno prima erano stati licenziati dalla struttura il trapiantologo Mikhail Kaabak e la sua assistente Nadia Babenko. I due sono celebri per essere gli unici nella Federazione ad eseguire trapianti di rene su bambini di peso inferiore a 6 kg secondo una metodologia internazionale, giudicata non legale in Russia. Prima di essere licenziati i 2 chirurghi avevano eseguito 23 interventi tutti riusciti su bambini tra i 6 e i 12 chili di peso. Il loro licenziamento aveva lasciato l’intero reparto nell’incertezza e decine di neonati erano rimasti in attesa dell’intervento o rimandati a casa.

E non erano servite neppure le oltre 485 mila firme raccolte su Change.org per la riammissione dell’équipe chirurgica guidata da Kaabak: l’ospedale aveva sostenuto senza pudore che l’assunzione di un chirurgo a tempo pieno aveva reso «poco pratico» mantenere Babenko e Kaabak come dipendenti a tempo determinato e con uno stipendio tre quarti inferiore a quello di un altro chirurgo.

A DARE IL VIA a una nuova ondata di rabbia nel paese è stata la morte giovedì sera di Roman Kuznetsov, un altro bambino che avrebbe dovuto essere operato da Kaabak presso il Centro di ricerca medica nazionale per la salute dei bambini.

«TRA UNA SETTIMANA avrebbe compiuto un anno. Non ha retto a 6 settimane senza dialisi» ha detto la dottoressa Marina Desyatskaya. Roman Kuznetsov, come la piccola Nastya morta 20 giorni fa, era uno di quei 10 bambini che Mikhail Kaabak aveva segnalato avessero la necessità di un trapianto il più rapidamente possibile.

«Burocratismo e corruzione sono i tratti di una sanità che fa acqua da tutte le parti. Formalmente tutto è gratuito come ai tempi dell’Unione Sovietica ma nei fatti tutto si paga a caro prezzo» diceva ieri una signora che partecipa al presidio di Mosca, in seguito alla morte del secondo bimbo. Venerdì il servizio di statistica nazionale Rosstat ha comunicato che nel periodo tra gennaio e settembre 2019 la popolazione russa è calata di 236mila persone e si profila così un secondo anno consecutivo di forte calo demografico, il cui fattore principale, assieme alla decrescente natalità, è da rimandare allo stato deprimente della qualità delle cure nel paese e alla strisciante privatizzazione del servizio sanitario nazionale.

LA QUESTIONE HA ASSUNTO una tale rilevanza da attirare l’attenzione del Consiglio dei diritti umani, che ha «espresso preoccupazione per il fatto che alcuni dei 75 bambini in attesa di trapianti di rene presso Centro di ricerca medica nazionale per la salute dei bambini siano stati inviati in altre strutture mediche non specializzate e perfino a casa».

Il caso di Kaabak e Babenko è solo la punta dell’iceberg di una situazione sempre più sconcertante. Ieri «l’Alleanza dei dottori» nel promuovere la mobilitazione in tutto il paese ha denunciato il licenziamento di un altro oncologo, Marina Yevstafyeva, dal Centro Blokhin di Mosca a causa della sua attività sindacale. Nella stessa struttura un mese fa, 9 oncologi erano stati licenziati in tronco.

A causa dei prezzi proibitivi che si devono pagare anche nelle strutture pubbliche e della scadente qualità dei servizi per le cure oncologiche, oggi molti russi volano in Israele, dove i costi sono più contenuti e la qualità delle cure superiori.