Cambiare, nell’Italia che cambia, avendo la maturità «di custodire unità e autonomia, e cercando punti di caduta condivisi». Rinnovarsi, in un’Italia trasformata, con un progetto adeguato all’attuale fase politica e sociale, costruendo un’idea e un consenso che non siano elementi di una battaglia minoritaria, ma che, partendo dai territori, viaggino attraverso i circoli, le basi associative, la cultura, la diffusione di un pensiero articolato, attraverso la solidarietà, il mutualismo e l’accoglienza dei migranti. L’Arci a Pescara, nel XVII Congresso nazionale, con i suoi 530 delegati e 4.400 circoli sparsi in 1.721 comuni, lungo tutto lo Stivale, e con 991.400 soci, guarda al domani. Ed è una visione difficile. Che punta ad un obiettivo, quello di #liberarsidallepaure, stando dalla parte della solidarietà.

«OGNI COSA FA PAURA – DICE la presidente nazionale Francesca Chiavacci nella relazione introduttiva -. Il terrorismo, il crimine, lo straniero, i mutamenti climatici, l’incertezza economica. La paura – sottolinea – è un tratto che pervade quasi ogni parte del pianeta. A dircelo sono i numeri, che parlano, ad esempio, di un aumento inarrestabile della spesa globale nel settore della sicurezza e degli armamenti. Il 2017 è stato l’anno record delle spese militari, che rappresentano il 2,2% del pil mondiale e che negli ultimi 20 anni sono aumentate ininterrottamente. La paura è capace di insinuarsi ovunque. Confonde i piani del ragionamento e del confronto; si alimenta con il sospetto, l’ignoranza, il disprezzo, la dimenticanza, l’esclusione». Ad essa, poi, si è aggiunta la crisi «che ha mostrato inequivocabilmente i limiti di un sistema economico-sociale come quello neoliberista», con l’impoverimento di larghi strati di popolazione, con guerre, conflitti, sfruttamento, ingiustizie che sono aumentati e hanno reso i movimenti di migrazione forzata il più grande fenomeno strutturale di massa dei nostri giorni. «Ed è stato a quel punto, quando è diventato definitivamente chiaro che chi avrebbe dovuto risolvere non ha risolto, che la paura, ha conosciuto un salto. Si è fatta rancore, rabbia, indignazione che hanno frammentato la coesione sociale, diffuso solitudine e isolamento». «In questa crisi – evidenzia – la sinistra è rimasta sotto le macerie dei cambiamenti e della crisi. E in alcuni casi, nel disperato tentativo di recuperare terreno, ha scherzato con il fuoco, ha voluto giocare sul campo tracciato dagli avversari, uscendone con le ossa rotte. Così oggi la sinistra viene percepita come quella élite chiusa nei palazzi e in logiche ristrette, che si è allontanata dalle periferie, dalle piazze, fino a non farsi più capire e a non capire più il suo popolo».

ED ECCO SPUNTARE, IN ITALIA, il governo gialloverde «di larghe intese populiste, xenofobe e di destra, nato con un metodo che sfida la Costituzione, con un programma conservatore e compassionevole, che, addirittura, esplicitamente discrimina e mette l’uno contro l’altro i bambini. Un governo – sottolinea la presidente – che vede al Viminale uno dei leader conservatori più estremi degli ultimi anni, che ha liquidato l’antifascismo come roba del passato. In cui le velleità sui diritti sociali, sbandierate dai 5 Stelle, restano soffocate da uomini e idee ultraconservatrici. Il contratto non dice nulla sullo sviluppo delle politiche culturali. Non c’è un ministero delle pari opportunità. Ma c’è un esecutivo che fa ritornare il ministero della famiglia guidato una figura che non ha perso tempo a scagliarsi contro aborto e diritti omosessuali. Certamente, noi non avremo problemi a dialogare, qualora ce ne saranno occasioni, come si fa per rispetto delle istituzioni. Sappiamo però – afferma Chiavacci – che sui diritti sarà necessaria un’azione di resistenza, sarà necessario tornare nelle piazze e soprattutto saperle riempire».

L’ARCI VUOLE «PARTECIPARE alla costruzione di un pensiero che sveli l’inganno di chi vuole far credere che tutto si risolva mettendo qualcuno contro l’altro». «Perché, per noi, – rincara Chiavacci – non vengono prima gli italiani, vengono prima le persone. E le ong non sono vicescafisti e la nostra accoglienza non è business!». E così l’Arci, nel congresso in Abruzzo, dà voce ai popoli che lottano per indipendenza e diritti: alla Palestina che chiede sostegno, al Kurdistan, al Fronte di Liberazione popolare di Saguia el Hamra e del Río de Oro, attivo nel Sahara occidentale. S’indigna per il silenzio del governo di fronte all’assassinio di Soumaila Sacko, il giovane bracciante maliano, ucciso a fucilate in Calabria. E incontra, via skype, Paola e Giulio Regeni, con un flash mob che si tinge di giallo, con cartelli che chiedono «verità per Giulio e per tutti i Giulio e le Giulie d’Egitto». Le parole dei Regeni, nel loro dolore, ribadiscono che anche il dramma per la morte di un figlio può trasformarsi in una battaglia per l’affermazione dei diritti umani. E anche da qui si può ripartire.