Prime buone notizie da quando si assiste all’escalation di Ebola in Africa occidentale e oltre. Innanzitutto dalla Nigeria, la nazione più popolosa del continente: dopo sei settimane in cui neanche un nuovo caso è stato segnalato, il paese è stato dichiarato «virus free» dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i cui responsabili ad Abuja parlano finalmente di «una straordinaria storia di successo». Analoga (buona) sorte è toccata al Senegal nei giorni scorsi, essendo anche qui passati 42 giorni – che equivalgono a due periodi di incubazione completi – dall’ultimo caso.

Ma l’emergenza continua a mietere vittime in Liberia, Sierra Leone e Guinea-Conakry, i paesi di gran lunga più colpiti dall’epidemia, e i meno preparati ad affrontarla, nei quali si concentrano la maggioranza delle oltre 4.500 vittime registrate, con punte di mortalità che superano il 70%. E qui l’Oms – con un ritardo proporzionale a quello con cui è stata messa in campo una qualche risposta all’emergenza – ha ammesso i suoi iniziali errori di valutazione, dovuti a un misto di incompetenza, paludi burocratiche e mancanza di informazioni attendibili. Ma lo fa indirettamente, in un documento interno che doveva restare segreto.

Tornando alle buone notizie, lo è sicuramente il fatto che anziché aspettare le campagne di sensibilizzazione dell’Oms e dei loro governi, in Liberia, Sierra Leone e Guinea sono scesi in campo rapper e radio comunitarie, voci che in una certa misura hanno ereditato il prestigio e la capacità di penetrazione che nella tradizione erano appannaggio dei griot, la casta dei cantastorie itineranti.

Carlos Chirinos, direttore della Soas Radio alla University of London e ricercatore nel campo delle connessioni tra radio, musica e sviluppo sociale in Africa, segnala che almeno una dozzina di canzoni recenti – con relativi videoclip -, tempestive e di successo, sono incentrate su Ebola. E cita in particolare Ebola in town dei liberiani Shadow, D-12 and Kuzzy of 2kings. Con l’invito, rivolto agli esperti chiamati a fronteggiare l’emergenza, di collaborare più con gli artisti che con i politici, se l’obiettivo è quello di far arrivare un’informazione corretta al maggior numero di persone nel più breve tempo possibile. Illustre esempio sulla capacità dei musicisti africani di risultare più efficaci di qualsiasi campagna mediatica, il modo in cui la star congolese Franco parlò dell’Aids nella sua ultima, sontuosa incisione, poco prima di morirne nel 1989.

Una buona notizia anche dalla Spagna, dove Teresa Romero, l’infermiera 44enne contagiata a Madrid, è risultata «negativa» al test del virus. Oggi arriveranno i risultati di un secondo test se verrà confermata la guarigione, la donna potrà donare il sangue ad altri malati. Medici senza frontiere (Msf) annuncia poi la guarigione di una dottoressa norvegese che era stata contagiata in Sierra Leone. Non ce l’ha fatta invece una operatrice di Un Women in Sierra Leone. È il terzo membro dello staff Onu deceduto per Ebola.

Ieri anche l’Europa ha provato a battere un colpo: non sembra una cattiva notizia, a volersi basare sull’entusiasmo con cui è stata data, la scelta dell’Ue di dotarsi di un coordinatore unico per tutte le iniziative volte a contrastare l’epidemia in Africa e i conseguenti rischi di “infiltrazione” sul territorio europeo. I ministri degli Esteri dell’Unione riuniti ieri a Lussemburgo danno inoltre il loro appoggio all’idea del segretario dell’Onu Ban Ki-moon per istituire, con sede a Accra, la prima missione sanitaria di emergenza delle Nazioni Unite, l’Ebola Emergency Response (Unmeer). L’emergenza sarà anche al centro del vertice dei leader europei in programma giovedì e venerdì prossimo. Il premier britannico David Cameron ha già detto che chiederà il raddoppio dell’impegno finanziario europeo, per portarlo a un miliardo di euro.

Negli Usa le autorità smentiscono nuovi casi a Dallas e 43 persone entrate in contatto con il «paziente zero» Thomas Eric Duncan sono da ieri ufficialmente fuori dalla quarantena.

Ma per l’Africa suona molto più promettente la notizia che arriva da Cuba, dove ieri si è aperta una riunione straordinaria dei paesi Alba (l’Alleanza bolivariana dei popoli d’America) per coordinare, anche qui, gli sforzi anti-Ebola. Il presidente cubano ha invitato a evitare «qualsiasi politicizzazione che distragga dall’obiettivo fondamentale di affrontare l’epidemia in Africa», ribadendo la volontà di collaborare con tutti, Stati uniti compresi, per sconfiggere Ebola. Cuba aveva già inviato un team di 165 operatori specializzati in Sierra Leone. Ieri Castro ha confermato l’invio di altre due «brigate sanitarie» in Liberia e Guinea Conakry, con partenza già oggi.