I sindacati del pubblico impiego non accettano il magro stanziamento per i loro contratti, e sono decisi a mobilitarsi contro la legge di stabilità: si va verso lo sciopero generale, hanno annunciato ieri minacciosi. Chiedono 150 euro di aumento, una cifra simile a diverse piattaforme o accordi già siglati nel privato: somma che però a loro è negata, e che allo stato attuale anzi pare quasi lunare. Il governo sarebbe intenzionato infatti a elargire quella che Cgil, Cisl e Uil definiscono una «mancia» – circa 8 euro al mese – addirittura per decreto, senza neanche aprire un negoziato.

«Chiediamo contratti per rimettere in moto servizi alle famiglie e alle imprese, accrescendo la partecipazione, e rispettando il senso del richiamo della Corte Costituzionale. Se servirà andare allo sciopero generale, noi siamo pronti – dichiarano Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco, segretari di Fp Cgil, Fp Cisl, Uil Fpl e Uil Pa – Il governo la smetta con le provocazioni e apra il tavolo. Chiediamo un rinnovo dignitoso, che dopo sei anni di paralisi totale, per noi significa 150 euro di aumento medio con produttività e riconoscimento professionale, altro che l’equivalente di una mancia come vorrebbe il governo».

I sindacati del pubblico impiego ieri erano mobilitati in cento piazze contro la riforma delle province: un processo di mobilità «selvaggia, frutto di un confuso processo di “cancellazione”», spiegano. Quindi la denuncia dei «danni che potrebbero arrivare dal decreto mobilità e dalla legge di Stabilità sui servizi ai cittadini e sui lavoratori pubblici».

Le promesse di Poletti

Ma le sorprese spiacevoli in zona Stabilità non sono certo finite qui: ieri si è saputo infatti che, nonostante le polemiche dell’ultimo anno e una sentenza della Corte costituzionale, verrà prorogato anche nei prossimi due anni (2016 e 2017) il taglio delle indicizzazioni per le pensioni sopra i 2 mila euro, così come era stato disegnato dal governo Letta (correggendo in parte la più rigida formula Monti). Non si parla di assegni da poveri, come è ovvio, ma per la gran parte neanche da ricchi.

Sulle pensioni c’è stato un botta e risposta, seppure a distanza, tra i tre sindacati e il ministro Giuliano Poletti, che ha promesso la flessibilità nel 2016. «Le rilevanti ingiustizie ed iniquità presenti nel sistema previdenziale non trovano risposta nella legge di Stabilità – hanno attaccato Cgil, Cisl e Uil in una nota congiunta – È un grave errore non introdurre la flessibilità». «La proroga del blocco della perequazione fino al 2018 – proseguono – è sconcertante e non ripristina il diritto alla rivalutazione già previsto dalla recente sentenza della Corte Costituzionale. L’estensione, pur parziale, della no tax area per i pensionati è positiva ma va attuata nel 2016 e non nel 2017 come prevede la legge». La settima salvaguardia degli esodati «non è risolutiva in quanto non copre tutta la platea stimata dall’Inps e l’attuazione dell’opzione donna è limitata al 31 dicembre 2015. È grave sottrarre risorse al Fondo lavori usuranti: andrebbero utilizzati invece per dare una risposta a chi svolge mansioni particolarmente faticose».

Bagarre a via XX Settembre

All’indomani dello scontro sul fisco, con il duello ingaggiato dal sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti contro la direttrice dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi, le tensioni al ministero aumentano. Ieri i dipendenti del dicastero hanno inscenato una protesta nella sede di via XX Settembre contro il taglio del Fua, il Fondo unico di amministrazione che viene utilizzato per la contrattazione integrativa e il salario accessorio. Da gennaio, dopo le riduzioni già decise nei mesi scorsi, il fondo sarà anche congelato.

Quanto alla querelle sul fisco, il sottosegretario Zanetti ha negato che il comunicato del ministero dell’Economia in sostegno a Orlandi le desse ragione: «Non ritengo di essere stato smentito – ha detto – E poi non mi risulta che su questa vicenda ci sia una voce chiara né di Padoan né di Renzi. Esiste solo una nota del ministero». Zanetti ha quindi chiesto una «verifica politica» all’esecutivo. «Padoan ha parlato per il governo, Zanetti ha espresso una legittima opinione personale. Blocchiamo le polemiche sul nulla», ha tagliato corto Filippo Taddei, responsabile economia del Pd.