La parola chiave scelta dal presidente del consiglio Paolo Gentiloni per descrivere il Def e la manovra di aggiustamento varati ieri è «rassicurazione»: la sottolinea mentre delinea i provvedimenti in conferenza stampa a Palazzo Chigi insieme ai ministri Pier Carlo Padoan, Graziano Delrio e Maria Elena Boschi. Un ritocco verso l’alto al Pil previsto per fine 2017, anno di bilancio prima delle prossime elezioni: dal +1%, delle stime precedenti passa a un più roseo 1,1%. Poi l’elenco dei 47,5 miliardi da qui al 2032 per le infrastrutture – snocciolati da Delrio – e altri milioni per gli enti locali declinati da Boschi, ma compare una “mina” da disinnescare: il possibile sciopero generale ventilato dalla Cgil sui contratti del pubblico impiego.

PER TUTTA LA GIORNATA era circolata la voce che sarebbero stati messi a bilancio 2,8 miliardi freschi per il rinnovo, ma poi la Fp e la Flc Cgil avevano evidentemente ricevuto segnali diversi, tanto che in pieno svolgimento del consiglio dei ministri (Cdm) erano uscite con un comunicato congiunto inequivocabile: «Pronti allo sciopero generale senza le necessarie risorse per il rinnovo dei contratti pubblici. Dopo quasi otto anni di attesa e l’intesa del 30 novembre scorso sull’avvio della trattativa per il rinnovo dei contratti, se dovessero saltare gli stanziamenti sarebbe il segnale che il governo torna a non avere rispetto per i lavoratori pubblici».

IN CONFERENZA STAMPA è stato il ministro dell’Economia Padoan a rassicurare: «Vorrei dissipare ogni dubbio relativo ad alcune voci circolate: il governo mantiene tutti gli impegni presi, compresi quelli relativi ai contratti con la pubblica amministrazione». Idem da parte di Marianna Madia, titolare della Funzione pubblica: «Il Governo conferma l’impegno economico di 85 euro medi sul rinnovo dei contratti #PA», ha twittato la ministra, aggiungendo che il Cdm ha dato anche il via libera allo «#sbloccoturnover nei comuni», per «dare ai cittadini servizi migliori».

Lo stesso governo ha specificato che finora le risorse stanziate assicurano un aumento di 35,9 euro medi, quindi siamo ancora lontani dagli 85 euro (sul triennio) concordati.
Quanto allo sblocco del turn over, è stata Boschi a spiegare che è previsto «fino al 75% per il personale dei Comuni». La sottosegretaria alla Presidenza del consiglio ha poi citato «uno stanziamento di 100 milioni, da destinare alla viabilità delle province e all’edilizia scolastica». Infine, verrà incrementato di 400 milioni il fondo per gli investimenti delle Regioni.

OLTRE AL DEF E alla manovra correttiva dei conti, si è discussa un’altra misura che, come hanno spiegato Gentiloni e Delrio, è oggetto di un apposito decreto (Dpcm) di Palazzo Chigi: 47,5 miliardi da investire da qui al 2032, somma di cui, secondo il titolare dei Trasporti e Infrastrutture, «25 miliardi sono già pronti per essere allocati», per la «programmazione sui principali capitoli dei contratti di programma della rete ferroviaria italiana».

Il Dpcm approvato – ha dettagliato Delrio – distribuisce circa 47 miliardi, «con la prima tranche che supera i 25 miliardi». Per la rete ferroviaria «vi sarà un investimento importante, complessivamente di circa 9 miliardi, di cui una parte andrà al completamento dei corridoi mediterranei e dei grandi valichi come la Torino-Lione, e un’altra parte per il potenziamento delle reti ferroviarie regionali che vanno a servire con linee suburbane l’accessibilità nelle aree urbane italiane». Un’altra «quota rilevante di queste risorse andrà ulteriormente a implementare il contratto di programma Anas: parliamo di oltre 5 miliardi».

TRA LE NOVITÀ DEL Def c’è l’inserimento – per la prima volta, ed è il primo caso in Europa – del cosiddetto «Bes», indice che d’ora in poi affiancherà il più noto Pil: misura il «benessere equo e sostenibile» accanto al freddo e tradizionale contatore della crescita economica.

Sono quattro gli indicatori «particolarmente significativi per la qualità della vita dei cittadini e della società nel suo complesso» che il governo ha deciso di inserire nel Def di quest’anno: reddito medio disponibile, indice di diseguaglianza, tasso di mancata partecipazione al lavoro e emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti (nodo quest’ultimo piuttosto “contro corrente” viste le politiche spregiudicate intraprese dal presidente Usa Donald Trump).

ERA STATO IL PARLAMENTO, con la legge 163 del 2016, ad approvare a larga maggioranza l’inserimento degli indicatori di benessere equo e sostenibile nella programmazione economica. In base a questa norma, il governo è impegnato a monitorare l’evoluzione di diverse dimensioni del benessere equo e sostenibile (Bes) nell’ultimo triennio e a prevederne la dinamica per il triennio futuro a politiche invariate nonché alla luce delle scelte programmatiche. «In linea di principio, – sottolinea il Tesoro – il benessere trae vantaggio dall’aumento del prodotto interno lordo ma non coincide con esso. La qualità e la sostenibilità dell’ambiente, le diseguaglianze economiche, la qualità del lavoro, la salute ed il livello di istruzione della popolazione sono alcune delle dimensioni che concorrono al benessere di una società.