Gli esecutivi unitari di Cgil, Cisl e Uil hanno approvato ieri a Roma Un moderno sistema di relazioni industriali, il documento in 19 pagine che traccia la proposta di rinnovamento del modello contrattuale elaborata dai tre sindacati. Testo che vede davanti a sé una strada in salita, anche piuttosto ripida, perché il confronto con le imprese – sia sul piano delle dichiarazioni che su quello più concreto dei tavoli aperti – per il momento non ha sortito frutti.

E anzi, proprio nel momento del varo, il documento ha ricevuto un saluto tutt’altro che benevolo da parte di Giorgio Squinzi, presidente della Confindustria, che lo ha definito «già superato»: «Da quello che si legge – ha spiegato Squinzi – appare che i sindacati si stiano muovendo col passo del gambero. La loro proposta è già superata dai contratti di categoria che si sono chiusi in questo periodo e dalle nostre proposte per i contratti in fase di rinnovo, anni luce più innovative rispetto alla piattaforma di Cgil, Cisl e Uil. Sono stati buttati 6 mesi da quando li avevo invitati al tavolo e i risultati che presentano oggi, se confermati, sembrano più una foto sbiadita che non una scelta per innovare il paese».

Il documento si sviluppa su tre pilastri: contrattazione, partecipazione e regole. Resta fondamentale il contratto nazionale, accanto a cui è da implementare anche il secondo livello. Il contratto nazionale «deve mantenere la sua funzione di primaria fonte normativa e di centro regolatore dei rapporti di lavoro, comune per tutti i lavoratori del settore di riferimento, rafforzato nel suo ruolo di governance delle relazioni industriali. I contratti nazionali stabiliranno linee guida per lo sviluppo della contrattazione di secondo livello, assumendo una nuova e maggiore titolarità nel definire le norme di rinvio».

Si cerca di evitare che il governo – come più volte ha annunciato – stabilisca dei minimi di legge, e che anzi assumano valore di legge quelli dei contratti: «L’esigibilità universale dei minimi salariali definiti dai contratti nazionale, in alternativa all’ipotesi del salario minimo legale, va sancita attraverso un intervento legislativo di sostegno, che definisca l’erga omnes degli stessi contratti, dando attuazione a quanto previsto dall’articolo 39 della Costituzione».

Ed ecco i parametri di cui tener conto per rivendicare gli aumenti del salario, che rendono l’inflazione (peraltro ormai da anni vicina allo zero) piuttosto marginale: «Le dinamiche macroeconomiche, non solo riferite all’inflazione; gli indicatori di crescita economica e degli andamenti settoriali».

Tre le aree di partecipazione individuate: organizzativa; di governance (nei consigli di sorveglianza); economico/finanziaria.

Infine le regole, che rendono necessario compiere il percorso per misurare e certificare la rappresentanza, anche delle imprese. Materia nella quale «non sono condivisibili interventi esterni da parte del governo», ma «un eventuale intervento legislativo non potrebbe che essere di recepimento di quanto definito dalle parti sociali».

Auspicando che il dialogo con le imprese finalmente si avvii, la leader Cgil Susanna Camusso ha individuato nei contratti oggi aperti – tra cui metalmeccanici e alimentaristi – gli obiettivi a breve da conseguire. Stesso messaggio da Annamaria Furlan (Cisl), e da Carmelo Barbagallo (Uil), che ha detto: «Se Confindustria vuole, si faccia avanti: noi li aspettiamo».