«Il mio progetto politico non rimane nel cassetto per la contrarietà di una persona sola: c’è tanto sostegno dei cittadini». Al di là delle stucchevole querelle con Beppe Grillo su chi abbia mentito sulla gestazione del nuovo statuto M5S, il fatto politico è chiaro: come previsto Giuseppe Conte va avanti. Non è ancora chiaro se il punto di caduta sarà un’opa sul M5S, suggerita ieri dalla rivolta di molti big contro Grillo, o un partito nuovo di zecca ispirato più o meno agli stessi valori e alleato del Pd.

IL NODO SI SCIOGLIERÀ nei prossimi giorni, ma quello che conta è che l’ex premier ha già dalla sua parte una massa critica per formare dei gruppi parlamentari alla Camera e soprattutto al Senato, embrioni del nuovo soggetto. Resta da capire, e non è un dettaglio da poco, a chi andrà lo storico simbolo del M5S.

«Non può essere la contrarietà di una singola persona a fermare questa proposta politica che ritengo ambiziosa e utile anche per il Paese», insiste Conte. Che torna sui nodi che hanno prodotto lo strappo. «Quando viene chiesta la rappresentanza internazionale, il coordinamento della comunicazione, di condividere tutte le scelte degli organi politici – vicepresidenti, componenti dei comitati – quando finanche viene chiesto di concordare e autorizzare addirittura i contratti allo staff di segreteria, io credo che sia più che una diarchia ed è umiliante», elenca l’avvocato. E replica all’accusa di aver partorito uno statuto seicentesco: «Quella di Beppe era una proposta medievale».

CONTE PARLA SOTTO CASA sua nel centro di Roma. E lancia un paio di avvertimenti all’Elevato: «Ho sempre rispettato e continuerò a rispettare Grillo, ma non dica falsità sul mio conto». E ancora: «Ho agito sempre in trasparenza. Sono pronto a pubblicare lo scambio di mail che ho avuto con lui se mi autorizza». La faida ormai è a un passo dalle carte bollate. Come si evince dalla meticolosità con cui l’avvocato spiega di aver conservato la «fittissima corrispondenza documentale». Insomma, non ci sta a passare per quello che ha cercato col suo avvocatese di fregare l’ex amico.

LA GIORNATA ERA INIZIATA nel segno della rivincita di Conte, dopo che martedì Grillo lo aveva umiliato via blog «(Non ha visione politica, né capacità manageriale»). «Quel post non è una delusione solo per me», aveva spiegato uscendo di casa in mattinata in tenuta da tennis. «Questa svolta autarchica credo sia una mortificazione per un’intera comunità, che io ho conosciuto bene e ho apprezzato, di ragazze e ragazzi, persone adulte, che hanno creduto in certi ideali. È una grande mortificazione per tutti loro».

«Se andiamo avanti? Mai indietro», la battuta che lasciava presagire l’annuncio serale. E del resto ieri, per la prima volta dopo tanti addii, espulsioni e mini scissioni, si è visto plasticamente che gran parte del M5S non segue più Grillo. E non condivide il tentativo di cacciare Giuseppi.

NON È ESCLUSO CHE il contropiede di Conte porti Grillo all’isolamento nel Movimento, con una truppa ridotta all’osso. Un rovesciamento di campo che non era prevedibile in questa misura. Con il risultato di arrivare alla votazione degli iscritti sullo statuto e la leadership di Conte sulla nuova piattaforma (come propone Paola Taverna), esattamente quello che il comico aveva escluso lunedì.

In Parlamento è già iniziata la conta sul “chi sta con chi”. In Senato, secondo le prime stime dei fedelissimi dell’avvocato, l’80% dei 75 grillini sostiene Conte. Alla Camera la metà dei 161 deputati, un’ottantina.

IL TOTALE FA CIRCA 140 parlamentari pronti a seguirlo nella nuova avventura. Tra i big si segnalano Paola Taverna, i ministri Stefano Patuanelli e Federico D’Incà, il reggente Vito Crimi, il capigruppo a palazzo Madama Ettore Licheri e il suo predecessore Gianluca Perilli. Più vicino a Grillo, invece, il capogruppo alla Camera Davide Crippa, poi c’è il rebus del non belligerante Luigi Di Maio e di Roberto Fico.

Per loro, così come per Taverna e per D’Incà, sarebbe molto difficile lasciare il M5S. «Il ministro sta lavorando come sempre per l’unità», fa sapere in serata lo staff di Di Maio. Lui e Fico potrebbero, alla fine, far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra.