Il curriculum è un’ossessione per il Movimento 5 Stelle che negli anni ha preteso di selezionare i suoi candidati a tutto – ma non il suo «capo politico» – sulla base del semplice elenco dei titoli, arrivando a chiederlo anche a un ex presidente della Corte costituzionale.

Ma un curriculum troppo importante può diventare un problema, com’è capitato ieri a Giuseppe Conte, professore di diritto privato a Firenze e nelle intenzioni di grillini e leghisti prossimo presidente del Consiglio.

Due sono i curricula dettagliati pubblicati da Conte, uno sul sito dell’associazione degli avvocati civilisti e uno sul sito della camera dei deputati quattro anni fa.

Quest’ultimo è lungo dodici pagine, non trascura di elencare la partecipazione di Conte a un convegno sul «condominio: i contratti per una migliore manutenzione», e a leggerlo velocemente si conserva l’impressione di una carriera accademica eccezionale.

Passata per le più prestigiose università del mondo, da Yale alla Sorbona, dalla New York university a Cambridge. E

d è per questo che quando sono arrivate le smentite da quasi tutti gli atenei, la credibilità di Conte ha cominciato a vacillare. E con essa la sua candidatura a palazzo Chigi. Contemporaneamente, diversi esponenti politici hanno attaccato Conte per la sua battaglia del 2013 in favore dell’applicazione del metodo Stamina, così come ricostruito ieri dal manifesto.

Ha cominciato il New York Times con un articolo del corrispondente da Roma nel quale riferiva che alla New York University non risulta alcun rapporto con il professor Conte.

Poi si sono messi in moto i giornali e le agenzie di stampa italiane, che hanno raccolto smentite dalla Sorbona, dal Girton College di Cambridge, persino dalla assai meno prestigiosa università di Malta.

In realtà Conte non ha mai scritto nei suoi elaborati curriculum di aver avuto incarichi in quelle università, ma semplicemente di averle frequentate per «approfondire i suoi studi giuridici». Generalmente durante le vacanze estive, talvolta precisando «per periodi non inferiori a un mese».

Frequentazioni assai poco formali, che una volta scoppiato il caso il professore ha fatto sapere di poter talvolta provare grazie alle email dei colleghi docenti. Non si tratterebbe, dunque, di un curriculum taroccato ma di una brutta figura provocata dall’ansia di rendere più sexy la biografia.

Come nel caso dell’«International Kultur Insitut» di Vienna, dove da curriculum Conte avrebbe studiato per tre mesi nel 1993 per perfezionare i suoi studi giuridici. Si tratterebbe invece, secondo le verifiche dell’Adnkronos, di un corso di tedesco di primo livello frequentato per un mese, tre anni prima, in una scuola con un altro nome.

Peccati veniali per chiunque, forse non per il candidato a palazzo Chigi di un partito che mitizza la trasparenza.

Sembra strano per esempio che Conte abbia «aperto con il professor Guido Alpa un nuovo studio legale nel 2002» visto che Alpa a quell’epoca era già vicepresidente del Consiglio nazionale forense e che Conte fino a lunedì risultava come «collaboratore» dello studio (ma ieri il sito è stato chiuso e lo studio contattato dal Foglio non ha chiarito).

Quanto al caso Stamina, sono stati soprattutto gli esponenti del Pd a sollevare scandalo per le posizioni di Conte nel 2013.

Ieri il manifesto ha ricostruito come il professore avesse difeso la famiglia di Sofia, una bambina colpita da una malattia neurodegenerativa, che fu curata con il metodo Stamina. Il cui inventore Davide Vannoni – nel frattempo condannato come il suo socio per associazione a delinquere, di nuovo indagato e agli arresti domiciliari per aver tentato di riproporre il suo metodo screditato in sede scientifica – ieri ha fatto sapere di non aver avuto rapporti con Conte.

Fu però Conte in rappresentanza della famiglia a battersi in tribunale, ottenendo anche delle parziali vittorie, perché alla bambina fosse somministrato quel trattamento (Sofia è morta alla fine dello scorso anno).

Nel 2013 Conte partecipò nella veste di promotore al lancio della fondazione Voa Voa che appoggiava la Stamina foundation. Anche se oggi non fa parte dell’associazione, come hanno chiarito i genitori di Sofia, che recentemente hanno definito Vannoni «un truffatore».