Nella nuova bozza di Recovery Plan italiano che Gualtieri consegnerà oggi a Conte la disponibilità del governo ad accogliere i suggerimenti e le critiche di Renzi, del Pd e anche di LeU ci saranno. Scompare il Centro sulla Cyber Security e anche simbolicamente è una vittoria secca di Iv.

Aumentano i fondi per sanità, infrastrutture e scuola, come da richiesta corale e dovrebbe gonfiarsi anche il capitolo investimenti. Ieri sera non era ancora chiaro quali tagli il Mef intenda operare rispetto alla bozza precedente per compensare le nuove voci di spesa. Di certo non si toccherà il superbonus, cavallo di battaglia dei 5S.

IL PREMIER PERÒ non porterà subito la bozza in consiglio dei ministri. Se la terrà qualche giorno per metterla sul tavolo della verifica o comunque si voglia chiamare lo stato di pre-crisi che si prolunga da settimane ma che diventerà crisi conclamata, salvo accordi precedenti, nel momento stesso in cui la bozza verrà presentata ai ministri. Ufficialmente per Iv la deadline resta il 7 gennaio. Sembra che Renzi abbia concesso qualche tempo in più prima di ritirare la sua delegazione al governo ma oltre i primi giorni della prossima settimana non si potrà arrivare.

Nessuno si illude che le aperture sul Recovery siano sufficienti per il leader di Iv. Nei progetti, o forse nei sogni di palazzo Chigi, di LeU e almeno ufficialmente anche del Pd dovrebbe però bastare aggiungere un rimpastino senza passaggi formali di crisi. Un ministero di peso, quello della Difesa, al renziano Rosato. Un valzer delle poltrone nel quale viene persino ipotizzato un avvicendamento agli Interni, con Guerini al posto della prefetta Lamorgese, ipotesi quanto meno improbabile.

E forse la nomina di Andrea Orlando, numero due del Pd, a vicepremier. In sospeso il capitolo della delega per i servizi segreti. Le voci che vogliono il premier pronto a cedere imperversano. Lo stesso Renzi conferma in privato di aver ricevuto promesse in questo senso. Ma lo stesso capo di Iv avrebbe segnalato ai suoi: «Le parole di Conte possono voler dire cose diverse. Bisognerà vedere cosa intende».

MA NESSUNO DI QUESTI nodi, pur reali, è davvero risolutivo. Il punto chiave è se Renzi è disposto ad accontentarsi del rimpastino senza un’apertura formale della crisi o no. «Noi abbiamo proposto al premier un Conte ter, assicurandogli che appoggeremo il reincarico. Lui risponde che non si fida e teme che invece metteremmo un veto», racconta un alto ufficiale renziano. Quella garanzia non può arrivare neppure dal Colle: Mattarella non può certo impegnarsi a non ascoltare una eventuale forza di maggioranza che mettesse il veto proprio sul nome di Conte. Che dunque resiste, ma su quel fronte Renzi è inamovibile: «Il Conte bis è morto», confermava ieri a porte chiuse.

IL BRACCIO DI FERRO sulla scelta tra aprire o meno una crisi formale non è indolore. Impedisce infatti di lavorare nel poco tempo rimasto per strutturare una crisi pilotata, cioè per trovare almeno un accordo di massima prima che la crisi si verifichi davvero. In caso contrario il ritiro delle ministre di Iv darà il via a una giostra impazzita nella quale, essendo le elezioni ciò che nessuno vuole, tutto entrerà in ballo: un vero Conte ter con almeno un vicepremier Pd, un governo di semi-unità nazionale, possibile solo con Draghi, e qualcuno, per recuperare la galassia impazzita dei 5S, potrebbe anche giocare la carta Di Maio.

DOPO DI MAIO, ieri anche Zingaretti è uscito a sostegno del premier. LeU, con Loredana De Petris, conferma: «Nessuna alternativa a Conte e a questa maggioranza». Sulla carta non discute neppure Renzi: «Draghi è una persona straordinaria ma a palazzo Chigi c’è un premier alla volta e ora è Conte». Ma su come arrivare alla conferma di Conte, se con una crisi aperta o con un più sicuro rimpastino, il disaccordo è completo. Nella nota del Pd di elezioni non si parla. Di Maio le cita solo per bollarle come l’ipotesi più nefasta. Anche per il Colle il ricorso al voto sarebbe l’ultima ratio.

In queste condizioni sperare che Renzi si fermi senza arrivare alla crisi significa essere molto, molto ottimisti.