Emozionati, impacciati, alcuni ancora un po’ stropicciati in volto dai patemi della notte prima della nomina. Nel salone delle Feste del Quirinale tanti (e poche) debuttanti che sembrano non aver ancora realizzato che è il momento di aprire le danze. Non hanno la disinvoltura degli habitué, non quella di Dario Franceschini, insomma, il capo delegazione dei ministri dem che, seduto all’estremità della prima fila accanto a Roberto Speranza – capo della delegazione di Leu formata da Roberto e Speranza – per la foto finale scatta agilmente accanto al padrone di casa pensando chissà, se continua così tutto questo un giorno sarà mio.

Nel rito del giuramento del nuovo governo, insieme agli abiti più o meno sgargianti, le maniche delle giacche troppo lunghe, i centimetri di tacco e il colore delle cravatte, tutti gli ultimi retroscena vengono illuminati da una luce impietosa. Il nuovo ministro degli Esteri, Luigi «Ping» Di Maio, anche questa volta, come l’ultima in cui giurò di essere fedele alla Repubblica, siede vicino al ministro degli Interni che ora è una ministra ed è lì per fargli scordare le cattive amicizie del passato.

Probabilmente per fargli prendere consapevolezza del presente alla sinistra del «capo politico» e capo delegazione dei 5 Stelle siede invece Enzo Amendola, neoministro dem agli Affari europei che di questioni internazionali mastica assai di più del suo più giovane collega (ma non si direbbe un problema di età). I due conversano amabilmente, a Di Maio in effetti conviene. Il titolare della Farnesina non vuole certo apparire come un novellino, si mostra raggiante, anche lui perfettamente a suo agio neanche fosse Franceschini, ma con quel suo sorriso ostentato e fisso rivela forse il pensiero che gli frulla in testa: sono ancora vivo, e sono ancora qui. Tranquillo, sembra dirgli il premier Giuseppe Conte che, muovendosi ormai come una vecchia volpe diccì, fa l’occhiolino al suo ex vice arrivato al tavolo per giurare di fronte a Sergio Mattarella. E a fare il tifo per «giggino» ci sono anche la fidanzata Virginia Saba e il fratello, seduti nella piccola platea riservata ai congiunti dove si ritrova anche un’ex ministra, Nunzia De Girolamo, che fa di tutto per rubare la scena al marito Francesco Boccia.

La squadra deve fare ancora parecchio spogliatoio, è evidente. Intorno alle 9.30 Di Maio posta su Facebook una foto che lo ritrae insieme al nuovo team di ministri 5 Stelle ordinatamente in posa. Una mezz’ora più tardi risponde Franceschini su twitter con la sua delegazione allegramente disordinata. Mentre si aspetta che la cerimonia cominci, qualcuno tenta timidi approcci fra ex «nemici». Il ministro delle Infrastrutture Stefano Patuanelli gira più volte lo sguardo verso Roberto Gualtieri, che non raccoglie. Il neo titolare dell’istruzione Lorenzo Fioramonti ancora prima di salire al Quirinale ha invece già minacciato le dimissioni: tre miliardi per la scuola o lascio. Non devono averlo preso troppo sul serio se lui stesso, dopo il primo consiglio dei ministri del pomeriggio, riferirà che «l’ambiente era molto allegro, solidale e coeso» .

Evitare «sgrammaticature istituzionali», è l’invito che Conte rivolge ai ministri nel primo cdm. «Con Salvini al Viminale è prevalsa la cultura dell’odio. Dopo 70 anni di antifascismo da parte della Lega è stato fatto un passo indietro. Ora basta, il governo deve cambiare pagina», dice invece nettamente Franceschini quando, nel pomeriggio, sceglie il Museo della Resistenza di via Tasso per inaugurare il nuovo mandato ai Beni culturali.

Dopo il giuramento, Conte, che Salvini lo aveva avuto come suo altro vice, si dedica alla cerimonia della campanella, quella che solitamente viene passata dal presidente del consiglio uscente al suo successore. L’avvocato double face la suona da solo, al suo fianco il suo ex sottosegretario leghista, Giorgetti, e quello nuovo, il pentastellato Fraccaro che si salutano con un abbraccio. Nuovo giro, nuova corsa. Incrociando le dita nella speranza che come diceva un tempo Matteo Renzi, negli ultimi giorni insolitamente quieto, sia davvero la svolta buona.