La telefonata tira giù dal letto la truppa pentastellata alle 8 del mattino: «Rocco Casalino ha trovato i responsabili. Conte ha deciso. Si va alla conta». Basta trattare con Matteo l’Inaffidabile. Nella pattumiera il miraggio del Colle di una crisi pilotata per un terzo governo Conte: «A’ la guerre comme à la guerre». Da quel momento la giornata precipita inesorabilmente verso una crisi che ormai solo un improbabile miracolo potrebbe scongiurare. Approvata nella notte dal consiglio dei ministri la bozza di Recovery con l’astensione di Iv, oggi pomeriggio Renzi annuncerà in conferenza stampa il ritiro delle sue ministre, anche se neppure questo è davvero detto. I 5 Stelle sperano nella resa. Il Pd, che conosce Renzi, si permette solo di non dare proprio tutto per perso. Ma credendoci poco.

LA GIORNATA CHE PORTA governo e maggioranza sull’orlo del precipizio inizia con Vito Crimi che apre il fuoco ed è subito chiaro a tutti che il pensiero è quello di Conte: «Se Renzi ritira i ministri mai più un governo con Iv». Il Pd e LeU sono più prudenti. «Rimettere i cocci insieme è difficile», constata Zingaretti. «Le dimissioni delle ministre di Iv renderebbero difficile ricostruire con chi ha determinato questa situazione», concordano i capigruppo di LeU De Petris e Fornaro. A quel punto, intorno a mezzogiorno, Casalino, portavoce del premier, rompe gli indugi e ufficializza con una nota informale: «Se Iv si sfila impossibile un nuovo esecutivo con Iv». La replica di Renzi è immediata: «Se Conte pensa di avere i numeri andremo all’opposizione». Da quel momento, per ore, tutti i 5S invadono le agenzie con comunicati che riprendono parola per parola il concetto: «Mai più con Iv».

QUELLA DECISA da Conte è una mossa molto forte, che ricalca le posizioni estreme che da giorni dettano Travaglio e Casalino. Significa infatti escludere ogni possibilità di proseguire con questa maggioranza. Il tentativo di bruciare i ponti alle spalle limitando le alternative a due sole è evidente: stesso governo con il supporto dei responsabili o elezioni politiche in piena pandemia. Non a caso, nei giorni scorsi (ma palazzo Chigi smentisce), Conte ha depositato dal notaio il simbolo del suo movimento. Si chiamerà Insieme ed è lo strumento con cui il premier spera di capitalizzare in voti il consenso che i sondaggi gli accreditano. Ma per questo è necessario che, se il suo governo cade, le elezioni seguano a ruota.

IL PD LA PRENDE MALISSIMO. Il Quirinale peggio. Franceschini si precipita da Conte, poi lo stato maggiore del Nazareno si videoriunisce e partorisce un comunicato prudentissimo, che ribadisce il no alla crisi ma chiede a tutti di «ritrovare il coraggio del dialogo e della collaborazione per il bene comune». È un messaggio inviato a Conte quanto a Renzi, ma tanto in codice che ci vuole un bello sforzo di decodifica per accorgersene. Il Quirinale non si esprime ma certo al Capo dello Stato non fa alcun piacere vedere ormai quasi certamente disattesi i suoi consigli. Prima da Renzi, a cui aveva chiesto di rinviare la crisi a dopo la partenza del Recovery che è cosa ben diversa dal farlo passare in sede di cdm. Poi da Conte, a cui aveva suggerito di fare il possibile per trovare una soluzione nel perimetro di questa maggioranza. In queste condizioni, inevitabilmente, il presidente dovrà riesaminare ogni ipotesi, da quella certo non gradita delle elezioni anticipate a quella, se praticabile, di un nuovo governo sino a un possibile «governo di decantazione». Tutto tornerà in ballo.

QUANDO OGGI, se Iv si sfilerà, Conte salirà al Colle proponendo di sostituire le ministre dimissionarie, il presidente gli chiederà probabilmente di verificare in aula se gode ancora della fiducia del parlamento. In alternativa il premier potrebbe dimettersi e poi, col reincarico, cercare di mettere insieme una nuova maggioranza stavolta senza Iv ma con senatori di varia estrazione, riuniti però sotto un unico simbolo, secondo le voci più o meno in libertà di palazzo Madama quello dell’Udc di Cesa.

IN ENTRAMBI I CASI i «responsabili» dovrebbero entrare in scena qui, per salvare il governo con una nuova maggioranza. Ci sono? «Rocco» li ha trovati? Quelli promessi dal portavoce del premier sono 4 o 5 voti. Difficilmente basteranno a raggiungere i sospirati 161 voti, la maggioranza. La fiducia potrebbe passare di misura, ma la vita di un governo di minoranza basato su una pattuglia raccolta un po’ ovunque sarebbe, secondo unanimi pronostici, breve e travagliata. Se invece Conte fosse battuto seccamente si aprirebbe una delle crisi più al buio e di più difficile risoluzione nella storia della Repubblica. Aggravata e drammatizzata dal fatto che, secondo Gualtieri e Zingaretti, la crisi bloccherebbe lo scostamento di bilancio e il dl Ristori. Necessari come l’ossigeno