Ci sono volute ventiquattro ore ma alla fine, mentre in Medio Oriente continua a crescere la tensione per l’uccisione di Qassem Soleimani, Giuseppe Conte rompe il silenzio. E lo fa per lanciare un appello «alla moderazione, al dialogo, al senso di responsabilità delle parti» ma anche per sollecitare un intervento da parte delle istituzioni europee: «L’Ue può giocare un ruolo fondamentale e offrire un contributo determinante», spiega il premier con parole di rito che sembrano più una speranza che l’invito ad agire rapidamente e diplomaticamente.

Le conseguenze dell’azione militare decisa da Trump rischiano adesso di ripercuotersi sugli alleati. Chiaro quindi che a palazzo Chigi si guardi «con preoccupazione» alla possibilità che gli oltre seimila soldati italiani impegnati nelle missioni internazionali possano trasformarsi in obiettivo per chiunque sia intenzionato a vendicare la morte del generale iraniano. L’attenzione è alta soprattutto per le basi italiane in Iraq e Kuwait, dove si trovano 926 soldati con il compito di addestrare le forze irachene. Attività che da ieri per motivi di sicurezza è stata sospesa, anche se il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha ribadito che le missioni continuano «come programmato». Con livelli di guardia ovviamente più alti rispetto solo a tre giorni fa. Il che significa che uscite dalle basi limitate al massimo e un ulteriore innalzamento dei livelli di controllo delle stesse. «Sono procedure previste e vengono fatte ordinariamente in situazioni di questo tipo», ha spiegato Guerini. «Non ci sono elementi di preoccupazione legati a evidenze particolari, ma c’è una situazione di tensione che richiede da parte nostra che vi sia un innalzamento delle misure di sicurezza».

Stesso livello di attenzione anche in Afghanistan e in Libano, Paese quest’ultimo dove l’Italia guida i diecimila uomini, 1.100 dei quali italiani, della missione Unifil. Infine in Libia, dove 300 soldati prestano servizio a Misurata.

Prudenza e intervento comune con l’Europa è quanto chiede anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ricordando come «l’uso della forza non ha mai portato da nessuna parte». L stessa linea della maggioranza delle forze politiche, centrodestra compreso dove ovviamente a fare eccezione è Matteo Salvini. Non più filo russo, il leader leghista si è schierato fin da subito con Trump giustificando l’intervento in Iraq. E ieri l’ex ministro ha ribadito la sua posizione: «Fra l’estremismo e la violenza islamica e la libertà – ha detto -, non ho dubbi su chi scegliere:sempre e comunque la libertà, la pace, il rispetto dei diritti umani e dei nostri valori cristiani».

Parole che non sono piaciute al viceministro dell’Interno Matteo Mauri, per il quale «fare l’ultrà mi sembra pericoloso e rischia di mettere in pericolo chi opera sul territorio» Critiche anche da Nicola Fratoianni (LeU) che giudica Salvini «il rappresentante italiano degli irresponsabili». Per Emma Bonino, infine, l’attacco americano «sarà foriero di ritorsioni. Come, dove e di quale entità non è dato sapere – ha aggiunto al senatrice di +Europa -. Ci sarà una reazione iraniana che coinvolgerà tutta la regione. E credo che quello che sta succedendo avrà riflessi su di noi e su altri paesi europei non solo in termini di ondate migratorie: si pensi solo che nello stretto di Hormuz passa la gran parte del traffico petrolifero”.