Il Movimento 5 Stelle entra a Palazzo Madama convinto di essere il protagonista di una giornata che si annuncia tesa ma che promette di consegnargli il pallino della politica: si tratta di ascoltare Mario Draghi e valutare il suo discorso. Giuseppe Conte in questo modo prova a restituire linearità a giornate confuse, piene di voci discordanti e per certi versi impossibili da sintetizzare. Si rivelerà un’illusione, visto che le ore che seguono diventano un gioco a incastri in cui le variabili si intrecciano fino a divenire inestricabili.

DRAGHI SI CONFERMA comunicatore asciutto e poco incline alla retorica. Piazza alcuni passaggi sul salario minimo, dice di voler proseguire l’attività del suo governo col lavoro fatto insieme ai sindacati che intende ancorare la soglia alla contrattazione collettiva. Cita il reddito di cittadinanza, che va migliorato «per aiutare i più bisognosi» e affinché non intralci il mercato del lavoro (passaggio, questo, che evoca le critiche delle destre). Non è un segnale di empatia: le sue parole gelano i grillini, che non applaudono neppure i passaggi sulla lotta alla mafia.

RICOMINCIA la girandola di riunioni e incontri: Conte vede i senatori, i capigruppo, la delgazione del M5s al governo. L’unico ad affacciarsi in aula è Federico D’Incà, che di tanto in tanto va a confabulare con Draghi. La discussione generale prosegue senza gli interventi di M5S e Lega, dalla quale provengono segnali di fastidio per le comunicazioni del premier. Alla fine della mattinata è previsto l’intervento di Vito Crimi, che viene però cancellato: il primo ad esprimersi sarà Ettore Licheri.

PRIMA CHE si palesi la posizione dell’ex capogruppo, trapelano timidissime aperture. «Draghi ha mandato dei segnali, potremmo decidere di votare sì», dice un senatore. È durante in queste ore di riflessione che si capisce che il M5S rischia di diventare un comprimario. Sono Lega e Forza Italia a prendersi la scena, fino ad annunciare la loro risoluzione che chiede di escludere il M5s dalla maggioranza. «Siamo l’unica forza politica che si sta interrogando seriamente su questa crisi – afferma Licheri – Ma non chiediamo poltrone, chiediamo di dare risposte ai nostri cittadini. E siamo contenti di aver parlamentarizzato questa discussione». Ripropone il cahiers de doléances del M5S di questi ultimi giorni ma ancora non scioglie la riserva. Nella sua replica concisa, Draghi ribadisce l’orientamento sul salario minimo e cita il Superbonus per dire che la colpa dei crediti bloccati è di chi ha scritto la legge. Più un attacco al M5S che un gancio. D’Incà continua a fare da spola tra i leader. Un ultimo vertice tra Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza serve a verificare che non esistono mediazioni possibili. «Abbiamo visto da parte del premier Draghi non solo indicazioni generiche – spiegherà Conte – Purtroppo su alcune misure c’è stato anche un atteggiamento sprezzante».

LA CAPOGRUPPO Mariolina Castellone dimostra di non gradire. «Dire che il reddito di cittadinanza ha effetti negativi sul mercato del lavoro significa di fatto appoggiare le polemiche vergognose che insinuano che tutti i percettori siano degli scansafatiche, è un’offesa ai cittadini italiani», scandisce. Poi fa leva sulla defezione di Salvini e Berlusconi per annunciare il non voto. «Le avevamo chiesto su quali basi costruire con altruismo il patto di governo – prosegue – Oggi prendiamo atto che anche le altre forze di maggioranza vogliono che il M5S esca dal governo. Sapevamo che la nostra agenda sociale e le nostre agende progressiste fossero uno spauracchio. Il problema siamo noi. Dunque togliamo il disturbo. Ma vogliamo rassicurare i cittadini che ci saremo: in aula ma soprattutto nel paese».

IL PASSAGGIO di Draghi oggi alla Camera, più formale che sostanziale, servirà anche a capire quanto dissenso permane nel gruppo a Montecitorio. Per i 5 Stelle, in ogni caso, comincia una nuova storia. La fine di questa legislatura segnala l’implosione del quadro politico dentro al quale erano cresciuti oltremisura fino a diventare il primo partito, la bussola delle maggioranze a venire. Conte a fine giornata parla di «deliberata volontà di cacciare il M5S dalla maggioranza». Per lui sarà difficile muoversi in questo scenario e dire che questa implosione, il terremotamento dell’arco della rappresentanza, non coinvolge anche il suo M5S.