«Parlino gli iscritti»: per mettere all’angolo Beppe Grillo, Giuseppe Conte gli ribalta addosso tutto il peso delle sue contraddizioni, in un certo senso adopera la grammatica stessa del populismo digitale del Movimento 5 Stelle. Di fronte alle decisioni sullo statuto che farà da infrastruttura al M5S della nuova fase, Conte non accetta una mediazione col fondatore e garante.

Propone, appunto, che sia la base a decidere, che conferisca il potere al nuovo leader designato. L’ultimatum viene diramato dalla location storica del Teatro di Adriano, lo stesso posto dal quale un altro capo politico grillino, Luigi Di Maio, prima delle elezioni politiche del 2018 presentò i suoi candidati della società civile, i fuori quota che già allora avrebbero dovuto consentire al M5S di evolversi in un soggetto di governo. Ora l’aria è davvero da fine di un ciclo e la svolta appare ancora più netta. Non è un dettaglio che Grillo sia costretto a fare da spettatore, a giocare di rimessa di fronte alle parole di Conte.

«QUESTO È il momento di fare delle scelte», dice Conte al Movimento 5 Stelle. Non si rivolge né ai vertici né agli eletti, che ancora in queste ore con formule e metafore le più diverse si sforzano di immaginare la compatibilità tra l’avvocato e il visionario. Riassume così il cammino degli ultimi mesi:

«Ho risolto l’intreccio con Rousseau – rivendica – Ho elaborato uno statuto che preservi piena agibilità politica del leader di turno, con pesi e contrappesi e nuovi organi. Ho previsto una carta dei principi e dei valori. Nel corso di questo cammino avuto un fittissimo scambio di mail con Grillo e ho accolto diverse cose. Ma non posso accogliere quei suggerimenti che stravolgono questo disegno».

Per questo motivo, l’ex presidente del consiglio fa leva su uno dei punti critici del duello a distanza di questi giorni: il fatto che eletti e iscritti del M5S di fatto ancora non sappiano qual è l’oggetto del contendere tra il leader designato e il garante. Ecco allora che Conte si impegna a rendere accessibile e pubblico il suo statuto.

«Consegnerò questi documenti prima Grillo e poi a Crimi – annuncia – in modo che possano essere diffusi». Facendolo, mette sul piatto la condizione inamovibile della sua leadership: le sue proposte «costituiscono la conduzione imprescindibile del mio impegno personale».

LA MOSSA di Conte serve anche a dimostrare che il suo scontro con Grillo non è dovuto a semplici idiosincrasie o divergenze di carattere. «Non ne faccio una questione personale e non chiedo pubbliche scuse – dice – Non sono le battute irriverenti che mi preoccupano. Ho il senso dell’ironia e so rispondere a tono».

Dunque, si rivolge a Grillo, per una captatio che precede la rivendicazione: «Lui sa bene che lo rispetto, è stato il visionario che ha rivoluzionato la politica italiana. Ma sta a lui adesso se essere genitore generoso o padre padrone». Nel testo dello statuto che Conte consegna simbolicamente agli iscritti, la figura del garante è riconosciuta sebbene «inserita in un quadro di organismi».

Il suo disegno prevede che esistano quelli di garanzia (ad esempio: Grillo potrà chiedere che gli iscritti votino la sfiducia al leader, che comunque avrà un mandato a tempo), ma altra cosa sarà la catena di comando sull’indirizzo politico che risponde al leader e altro ancora gli organi di controllo.

L’AVVOCATO assicura di non voler fare del M5S un partito tradizionale («Rifiuto l’idea che un raccordo leggero via piattaforma web, forme di coordinamento e gruppi di studio significhino fondare un partito») ma sulle regole lancia una stoccata al fondatore: «Portare avanti una linea politica significa innescare un processo, non basta una telefonata a distanza per mantenerla».

È CONSAPEVOLE, Conte, di non essere neanche iscritto al M5S. Grillo glielo ha fatto pesare giovedì scorso, quando ha detto ai parlamentari: «Non è uno dei nostri». Allora, non si sbilancia su tempi e forme della consultazione che sollecita, per quello si rimette agli «organismi competenti». In ogni caso, chiede un consenso solido: «Non mi basterà una maggioranza risicata». Se tutto non dovesse andare come auspica che cosa succederà? «Non ho doppie agende, non ho nel cassetto alcun piano B. Se non fosse così valuterò cosa fare».

Anche «da semplice cittadino» si spenderà per le alleanze che ha favorito in Calabria e a Napoli. Significa che il suo M5S si collocherà stabilmente nel centrosinistra? Lui la mette così: «Voglio un fronte largo, il nostro obiettivo è proporre un progetto di società credibile e più solido di quello che proporrà la destra». Ma non vuole neppure sentire parlare di dubbi sulla permanenza in maggioranza: «Da subito e in modo chiaro ho cercato di favorire la nascita del governo Draghi».

LA PALLA PASSA a Grillo. Difficile che accetti un voto che sarebbe un referendum sulla sua persona. Conte ne è consapevole, sa che questo rappresenta al tempo stesso la forza e il limite della proposta. Da una parte cerca di rassicurarlo: «Auspico un coinvolgimento di tutta la comunità del M5S, ma auspico che Grillo rimanga un perno fondamentale di questo progetto». Dall’altra rivendica di voler giocare alla luce del sole, in nome della trasparenza.

I parlamentari vorrebbero che i due si sedessero a un tavolo per trovare la sintesi. È la proposta, ad esempio, del presidente della camera Roberto Fico, che in serata è ospite a In Onda su La7. «La casa la rifanno tutti i partecipanti e gli iscritti del M5S: è così e sarà così» dice Fico. Che però poi ammette che «in questo momento si stanno confrontando Grillo e Conte. Troveremo il modo migliore. Dico a tutti gli eletti di lavorare perché la direzione sarà importate e serve il contributo di tutti».