Non capita spesso, nel panorama della pubblicistica italiana, l’uscita di un libro su un protagonista di primo piano della vita politica nazionale privo di intenzioni agiografiche, o mosso da passione denigratoria secondo gli standard dell’instant book. È il caso raro e isolato del volume di Rita Bruschi e Gregorio De Paola, Giuseppe Conte, Il carattere di una politica (ETS, pp. 319 euro 19). Due autori che non appartengono al milieu del mondo politico e giornalistico, due solitari studiosi, in nessun modo legati ai due partiti di maggioranza nei due governi guidati da Conte.

POTREMMO DIRE due cittadini, certo politicamente impegnati, mossi da un intento di verità, quasi i rappresentanti indignati e stupiti della maggioranza degli italiani che hanno espresso un consenso incondizionato nei confronti di un presidente del Consiglio mentre i media lo coprivano sotto una montagna di svalutazione e discredito.

IL LIBRO È INFATTI DA LEGGERE per due ragioni essenziali. Esso mostra come i media italiani, la grande stampa in primo luogo, sia capace di nascondere la verità ai cittadini italiani, confonderli, sviarli, orientarli secondo proprie interpretazioni di parte. È una testimonianza clamorosa: la libera stampa, un pilastro delle democrazie liberali, in Italia è ormai divenuta un elemento di degenerazione della democrazia. Sappiamo che non è fenomeno solo italiano. Le notizie sono merce, e in un mondo dove tutto, persino il gruppo sanguigno, è ridotto a merce, devono essere vendute con capacità competitive nel mercato quotidiano dell’informazione. Dunque la verità non è certo l’elemento più seducente perché siano più facilmente smerciate nella società dello spettacolo.

CON UNA INDAGINE documentaria sistematica i due autori hanno mostrato quale incredibile distanza i media italiani siano riusciti a creare tra la realtà del personaggio Conte e l’attività del suo governo, e i loro lettori. E che tale opera di disinformazione accanita e sistematica sia avvenuta mentre il presidente del Consiglio governava una della fasi più drammatiche della nostra storia colora quell’ombra di un tratto di miseria morale e intellettuale che ne fa una pagina specifica dell’Italia di oggi.

L’ALTRO ELEMENTO di interesse del libro riguarda il personaggio Conte. Chi è realmente costui? si sono chiesti i due autori. E hanno cercato di rispondere non con le solite frattaglie da rotocalco, ma risalendo alla storia personale e, soprattutto, esaminando i discorsi pubblici, tratteggiando la posizione politica, la formazione e la cultura, gli elementi di strategia e di visione. Ed è sorprendente osservare come già nel primo governo giallo verde gli autori individuino tratti netti di indirizzo strategico.

In una comunicazione al Parlamento dell’11 dicembre 2018, Conte mostra una lettura consapevole della storia recente del capitalismo italiano: «Abbiamo assistito a una progressiva esclusione dei benefici dalla vita associata di un numero sempre più consistente di cittadini, fenomeno che ha rimesso in discussione diritti sociali che sembravano appartenere per sempre al patrimonio giuridico delle nostre società democratiche».

Concorda sul fatto che sia necessaria la crescita economica, l’innovazione tecnologica, ecc. «ma siamo convinti che tutto questo debba essere realizzato in modo sostenibile, conservando per quanto sia possibile inalterato l’ordito dei diritti sociali, dall’istruzione alla salute, ricevuto come preziose eredità dalla generazioni passate. Certamente i diritti costano…. ma sono costi che le società democratiche devono sostenere se veramente credono nel primato della persona umana come valore che trascende e supera ogni altro interesse». Si pone dunque l’obiettivo di «invertire il processo di esclusione vissuto da quelle fasce di popolazione che nei decenni passati, erano uscite dalla povertà per entrare nell’area del benessere» convinto che «questo sia il modo più efficace per recuperare la crisi di senso e il deficit di rappresentanza che le democrazie avanzate stanno riscontrando».

DA GRAN PARTE dei commentatori è stata riconosciuta a Conte una non comune capacità di negoziatore. Ma è difficile credere che si esaurisca in mera abilità discorsiva. Senza idee e progetti non si convince nessuno. Meno che mai i cani da guardia del neoliberismo europeo, con i quali Conte ha vinto partite che non erano riuscite a nessun altro politico italiano. E basti ricordare che appena scomparso di scena, i due partiti ex nemici che lui teneva insieme nel governare la pagina più drammatica dell’intera storia della Repubblica, quelle formazioni sono tracollate. In quel nuovo umanesimo da cattolico democratico che egli andava teorizzando, c’era evidentemente un orizzonte progettuale che riusciva a tenere insieme e dar senso a due forze politiche smarrite, divise, prive di una qualche idea credibile di società.