«Favorire la rappresentanza democratica di tutte le differenze che sono in campo». La legge elettorale è l’unico argomento al quale Conte ha dedicato un’integrazione, nel passaggio tra il discorso alla camera lunedì e quello al senato ieri. Ha voluto replicare alle interpretazioni, abbondanti ieri sui giornali, secondo le quali il rilancio del presidente del Consiglio sulla legge elettorale proporzionale va visto come un modo per corteggiare i centristi e guadagnare nuovi voti al suo governo. Tentativo poco fondato, in realtà, perché per i piccoli partiti è più conveniente una legge maggioritaria che aumenta il loro peso specifico – come prova il parlamento attuale eletto con il Rosatellum – rispetto a una legge proporzionale con soglia di sbarramento medio alta come quella che propone Conte.

La promessa di rilanciare il proporzionale, fermo in commissione alla camera da un anno, risponde invece alla necessità di andare incontro alla parte residua della sua coalizione, che a questo punto potrebbe persino recuperare quel sistema spagnolo messo nell’angolo nel 2019 solo perché non lo voleva Italia viva. Il proporzionale, ha giustamente detto Conte, consente alle «forze politiche di esprimere tutte le loro potenzialità, recuperando anche dall’astensionismo i cittadini sfiduciati e definendo il loro profilo certo e credibile». Nella integrazione al discorso di ieri, il presidente del Consiglio ha fatto in sostanza un vero elogio del proporzionale, un sistema che «non costringe in uno stesso involucro sensibilità diverse», come il maggioritario che viceversa «conduce all’instabilità e alla precarietà politica e non stabilizzerebbe il quadro». Tutto corretto, anche il fatto che gli accordi – lui ha aggiunto «di alto profilo e di forte contenuto ideale», vabbè – si faranno dopo le elezioni, in parlamento. Corretto e su misura per Pd e 5 Stelle, ma magari anche per Forza Italia perché è in quella direzione che in realtà si indirizza il corteggiamento. Corretto, ma irrealistico.

C’è un motivo per cui nella maggioranza alla camera hanno festeggiato assai i due voti pro Conte arrivati a sorpresa dal gruppo di Italia viva. E non è tanto quello di vedere cresciuti i numeri della fiducia che a Montecitorio in aula non sono a rischio quanto al senato. Il motivo è quello che adesso il gruppo di Iv scende a 28 componenti (al momento) e dunque è destinato a perdere i due componenti in più (tre invece di due) che attualmente conta in due commissioni decisive. La prima commissione della camera, affari costituzionale, dove appunto si giocherà la partita sulla legge elettorale. Attualmente il governo non può contare su una maggioranza, e dunque la condizione di stallo sul testo Brescia è destinata a durare a lungo, a dispetto delle promesse di Conte. Stessa situazione nella seconda commissione, giustizia, dove si giocherà la partita sulla riforma del codice di procedura penale. Anche questa è una promessa di Conte, contenuta anche nel Recovery plan, ma è bloccata dalla contrarietà di Iv che sulla prescrizione si appresta a presentare emendamenti in linea con il centrodestra.

La condizione è assai precaria per i giallorossi anche in molte altre commissioni, al senato come alla camera. Ed è per questo che la maggioranza uscita traballante dalla conta ieri al senato guarda con speranza in particolare al sì in extremis di Nencini che è presidente della commissione cultura. Conte lo ha citato nella replica, gratificandolo di un complimento, «fine intellettuale» che gli è valso un voto, tardivo e contestato, a favore. Particolare fondamentale: Nencini ha concesso a Iv il simbolo dei socialisti quindi ha le chiavi del gruppo renziano al senato. La sua prima dichiarazione è che non toglierà il gruppo a Renzi, si vedrà.

Le manovre che a questo punto la maggioranza di governo può tentare per provare a galleggiare nei lavori parlamentari non sono tante, la principale è quella di favorire la costituzione di un nuovo gruppo che avrebbe diritto a riequilibrare tutte le commissioni. Altrimenti i renziani saranno decisivi così come lo sono stati ieri in aula al senato sulla fiducia. A cominciare dalla settimana prossima, sempre al senato, sul Recovery plan che parte dalla commissione bilancio.