Il secondo tavolo tematico governo-sindacati è finito come il primo. Con impegni molto generici e labili da parte di Giuseppe Conte e con la Lega rappresentata da elementi di secondo piano – l’altra volta il ministro Centinaio, ieri la neo ministra per la Famiglia Alessandra Locatelli – silenti o quasi. E con l’appuntamento a dopo la lunga pausa agostana. Quando il governo potrebbe non esserci o avere una compagine differente.

Fra i consiglieri di Conte spunta anche quel Mauro Nori che la Lega voleva a capo dell’Inps e che invece è rimasto a lavorare con Tria. E dunque non si può considerare leghista.

L’ordine del giorno recava il tema «lavoro e politiche sociali». Di Maio aveva anticipato che si sarebbe parlato di «rimodulazione della Naspi per le imprese e salario minimo». Quest’ultimo, il tema più scottante e divisivo fra il traballante leader M5s e sindacati – visto che non si è ancora capito come sarà definita la soglia dei 9 euro l’ora e come entrerà nella contrattazione nazionale – ha invece avuto una discussione, a detta dei sindacati, «positiva». La novità è che il disegno di legge a prima firma Catalfo entrerà nella legge di bilancio e non sarà discusso prima e separatamente.

Tutto comunque è rimandato a fine agosto, inizio settembre per un nuovo round di incontri con le parti sociali.
«Vogliamo definire un patto per la crescita e lo sviluppo sociale: dobbiamo affrontare l’emergenza anagrafica e della natalità affrontare e quella salariale: intendiamo perciò procedere con un significativo taglio del cuneo fiscale e contributivo – ha detto al tavolo il presidente del consiglio Giuseppe Conte – . Il potere d’acquisto si è molto contratto in questi anni, tra qualche giorno partiranno i tavoli governativi sulle misure specifiche da adottare», ha annunciato.

Contenti per il «metodo», i sindacati aspettano il «merito». Bene l’impegno a confrontarsi ribadito dal governo ma bisogna ora attendere che si passi dai grandi titoli, su cui non è difficile trovare punti di contatto, a proposte concrete da discutere con tutti gli elementi necessari per pesarne gli effetti. Il governo è ancora cauto e preannuncia una «fase due» – espressione che non ha mai portato fortuna agli esecutivi di ogni colore – che poggerà su quattro pilastri: «Tutela della sicurezza sociale, politiche attive del lavoro e formazione, un quadro fiscale e normativo favorevole alla competitività, sostegno agli investimenti privati e pubblici», citati da Conte al sesto degli otto diversi tavoli convocati ieri.

Per il leader della Uil Carmelo Barbagallo la «riunione è stata produttiva ma alla fine ho dovuto chiedere: bene, che facciamo? Ho detto che siamo disponibili a dare una mano nel momento in cui si faranno i provvedimenti».

La risposta? «Che adesso ci penseranno e che probabilmente ci telefoneranno». Mentre il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra – presente al posto di Annamaria Furlan assente per motivi familiari – evidenzia l’impegno del governo ad «avviare una fase che possa portare ad un patto per la crescita e lo sviluppo da concertare con le parti social». Cgil, Cisl e Uil hanno ribadito la loro piattaforma unitaria, accelerando sulla detassazione degli aumenti contrattuali per massimizzare l’effetto in busta paga della prossima tornata di rinnovi nel pubblico e nel privato.

Anche dal mondo delle imprese, a partire da Confindustria, è l’occasione per ribadire posizioni più volte espresse: taglio del cuneo fiscale come priorità. Ma anche per Vincenzo Boccia ogni giudizio è però rinviato al «confronto vero», quando sul tavolo ci saranno le possibili misure da mettere in campo.

Oggi tocca al secondo tavolo di Salvini. Al Viminale torna la convocazione monstre di 43 sigle di «parti sociali». Il ministro degli Interni dovrebbe spiegare meglio la proposta di Flat tax di cui Conte e Tria non sanno niente. Ulteriore segnale che di governi ormai ne esistono due.