Per rassicurarli ha siglato quello che già viene chiamato il «patto del parmigiano». Un accordo, sottoscritto proprio su di una forma di formaggio e che impegna il premier Conte a trovare il modo per tutelare i produttori dell’agroalimentare italiano.

LA FIRMA A BOLOGNA, nel maxi villaggio degli agricoltori, allevatori e produttori di Coldiretti, che ieri hanno alzato la voce contro i dazi annunciati da Trump. Conte ci proverà già a inizio ottobre, in occasione della visita in Italia del segretario di Stato Usa Mike Pompeo. «Con Di Maio chiederà di depennare l’agroalimentare dalla lista nera americana», dice speranzoso il presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli.

Non fosse così le ripercussioni potrebbero essere immediate. Con le nuove tariffe doganali decise da Trump, spiega Bertinelli, «il prezzo del nostro prodotto passerebbe sugli scaffali americani dai 40 ai 60 dollari al chilo. Ciò significherebbe perdere fino al 90% del mercato Usa». Per il consorzio (50 mila posti di lavoro) potrebbe essere un piccolo tracollo, i dati dicono che l’export negli States rappresenta l’8% sul totale e perdere quella fetta da un giorno all’altro potrebbe avrebbe ripercussioni serie su tutto il settore del latte italiano.

La situazione è già di per sé problematica. Il mercato del tarocco – e si parla di un giro d’affari di 2 miliardi di euro fuori Europa a forza di marchi in stile «parmesan», «parmezano» e «parmesao» – continua a crescere. Dovessero concretizzarsi i dazi di Trump i falsi-fotocopia si diffonderebbero ancora di più.
Tutti gli occhi sono puntati su quel che deciderà domani il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio. Sarà proprio il Wto a dover decidere sui dazi doganali annunciati dal presidente degli Stati uniti come risposta agli aiuti europei al consorzio Airbus, grande rivale dell’americana Boeing. Il settore è quello aerospaziale, i dazi «compensativi» però andrebbero a colpire una vasta gamma di merci, agroalimentare compreso. Arrivasse il via libera potrebbe nascere l’ennesima nuova guerra commerciale, e ad andarci di mezzi sarebbero non solo i formaggi italiani, ma anche l’olio e il vino, la pasta e la frutta. Insomma il fior fiore dell’agroalimentare italiano con centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio.

DI FRONTE ALL’ALLARME degli agricoltori il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha promesso di «mettercela tutta».

«Non è facile – ha spiegato il premier – perché nonostante gli ottimi rapporti, anche personali, e tra i due paesi, siamo in un quadro di negoziato in cui gli Stati uniti difendono i loro interessi nazionali e come sempre anche noi». A complicare la questione c’è l’accordo Ceta, trattato internazionale di libero scambio tra Canada e Unione europea, ancora in attesa della ratifica italiana ma già in vigore sui temi di piena competenza Ue.

IN ANNI DI BATTAGLIE si è creato un ampio fronte contro l’accordo che comprende Arci, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Fairwarch, la Coldiretti e le associazioni dei consumatori.

Formalmente il trattato dovrebbe rendere più semplici gli scambi, nei fatti potrebbe abbattere tutele ai lavoratori e ai consumatori, rivedendo al ribasso normative e standard di qualità.

Il problema è tanto più grave perché la ministra per l’agricoltura, la renziana Teresa Bellanova, ha più volte difeso l’accordo. «Il trattato Ceta non l’ho fatto io e non è in discussione adesso in Parlamento: il Ceta c’è, è in vigore», ha detto venerdì a Bologna di fronte ai produttori. Dieci giorni fa Bellanova ha chiesto di «lavorare per la ratifica», intendendo quella definitiva che spetta ai singoli paesi e provocando non pochi malumori in casa 5 Stelle. Meglio è andata sul tema ogm, dove Bellanova ha rettificato le sue posizioni: «Gli ogm sono vietati in Italia e lo rimarranno». Anche se sulla questione Ceta Conte ha corretto Bellanova a meno di 24 ore di distanza («Bellanova ha capito ci sono criticità, e ne terremo conto nella valutazione che faremo assieme», ha detto il premier), i produttori restano preoccupati.

LE ESPORTAZIONI di Parmigiano e di Grana in Canada sono diminuite del’10% nei primi tre mesi del 2018, quelli successivi all’entrata in vigore in forma provvisoria del Ceta. Cosa che, secondo Coldiretti, avrebbe aiutato il mercato dei parmesan fasulli. «La questione del Ceta è complessa – spiega Bertinelli – Segnalo che in Canada ci sono normative che autorizzano l’alimentazione delle vacche con farine animali, o un utilizzo estensivo del glifosato. Non è questa la qualità che vogliamo».