Sembra passata una vita e mezza dal giugno del 2018, quando l’allora neopremier del governo Lega-Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte scelse il cratere del sisma sull’Appennino per la sua prima uscita pubblica. Quindici mesi dopo, Conte è di nuovo qui ed è ancora capo del governo, ma al posto della Lega a sostenerlo adesso c’è il Partito Democratico, un tempo considerato principale colpevole dei disastri del post-sisma.

Conte è tornato, dunque, e ad accoglierlo in realtà non è che si siano fatti vedere in molti: né folle adoranti né contestatori, solo uno striscione appeso da militanti di destra ad Accumoli con scritto «Venduto per una poltrona». Poteva andare peggio, ma anche meglio.

Ad ogni modo, dopo il taglio del nastro dello stabilimento del pastificio Strampelli ad Amatrice, Conte è arrivato ad Accumoli per incontrare alcuni sindaci del cratere, copione ripetuto anche nel tardo pomeriggio nel Maceratese. Le richieste sono le solite: più potere ai territori e una legge unica per la ricostruzione, sin qui (non) gestita con una serie di decreti che definire inefficaci è fargli un favore.

Come annunciato già più volte nei giorni scorsi, la nuova parola d’ordine di Conte è «sobrietà». E in effetti il premier appare misuratissimo persino per i suoi standard, che certo non sono mai stati quelli del sobillatore di folle. «Non sono qui per fare una passerella – ha detto ai cronisti -, vogliamo intervenire per accelerare sulle criticità, anche se è chiaro che ci vorranno anni per ricostruire». E ancora: «A me non interessa la propaganda ma non transigo sulla politica di rigore nel contrasto del traffico illecito. Per il resto i problemi cercheremo di risolverli in poco tempo anziché in 20 o 30 giorni».

Dalle Marche, intanto, si faceva sentire la voce del governatore Luca Ceriscioli a chiedere che i compiti del commissario alla ricostruzione vengano passati ai presidenti della Regione: il che vorrebbe dire soldi da spendere, con un occhio alle elezioni che si terranno tra nove mesi e che vedono il centrosinistra in grave difficoltà. Il punto è delicato, anche perché l’attuale commissario Piero Farabollini (scelto e voluto dal Movimento Cinque Stelle) nel cratere è di gran lunga il più impopolare dei tre che si sono alternati dal 2016: nessun rimpianto di Vasco Errani e di Paola De Micheli, ma Farabollini in questa annata non ha fatto altro che litigare con chiunque: sindaci, uffici per la ricostruzione, cittadini. E di risultati, comunque, se ne sono visti pochi, anzi niente. Il tempo, però, continua a passare: il terzo anniversario delle scosse è volato via in un silenzio quasi surreale, e i quasi cinquantamila terremotati ormai cominciano davvero a non avere più nemmeno la speranza di poter tornare prima o poi a una vita normale.

Assente, per ovvi motivi, l’ex sottosegretario al sisma Vito Crimi, incredibilmente promosso viceministro degli Interni dopo aver combinato solo guai in quattordici mesi di governo. Nel cratere, infatti, Crimi non è mai stato visto di buon occhio, anzi, non è stato proprio mai visto. La sua prima uscita pubblica in zona fu nell’autunno dell’anno scorso quando si trattò di tagliare il nastro del centro commerciale di Castelluccio, poi tutte le volte che si è fatto vivo per incontrare gli amministratori locali, le opinioni su di lui sono sempre state tremende. «Non ha mai dato l’impressione di essere particolarmente interessato ai nostri problemi – racconta un sindaco marchigiano che non vuole essere citato -. Sono quasi convinto che una volta si sia addormentato mentre gli stavamo parlando».