Cancellare i fondi per l’editoria è nel dna del Movimento 5 Stelle, l’idea è stata infine condivisa dalla Lega, il presidente del Consiglio non rivendica con orgoglio l’eventuale chiusura di una testata in seguito a questi tagli, ci sarà un tavolo per l’editoria dove il governo si confronterà sulle proposte di sostegno alla libertà di informazione. Questi gli argomenti del presidente Giuseppe Conte che nel corso della lunga conferenza stampa di fine anno ha risposto anche alle domande sull’informazione avanzate dal presidente dell’ordine dei giornalisti Carlo Verna e da due testate colpite dai tagli, Radio radicale e il manifesto.

«Abbiamo il massimo rispetto della libertà di informazione», ha detto naturalmente Conte, che ha giustificato il taglio dei finanziamenti con «la vecchia battaglia» dei 5 Stelle, aggiungendo anche il già sentito invito a confrontarsi con il mercato. «Siete stimolati a trovare delle risorse alternative, bisogna ingegnarsi un attivo a trovare finanziamenti diversi», ha detto il presidente del Consiglio a Radio radicale che in virtù della convenzione con lo stato trasmette le sedute del parlamento senza pubblicità e non potrà certo sostituire «sul mercato» i 5 milioni che le toglie la legge di bilancio. Né è valso chiedere al presidente del Consiglio come possano essere assicurate condizioni di concorrenza a un piccolo operatore in cooperativa (come siamo noi del manifesto) in un mercato fortemente concentrato come quello dei quotidiani. La risposta è stata che ci sarà un tavolo di confronto, ma dopo che i tagli saranno già operativi. Un tavolo dove Conte (ha annunciato di volervi partecipare) vorrà parlare di tanti altri temi legati alla libertà di stampa, dalla tutela contro le querele temerarie alla protezione delle fonti all’equo compenso. A Verna che ha denunciato il prevedibile aumento dello «spread della libertà di stampa tra l’Italia e altri paesi di tradizione liberal democratica» e al manifesto che ha domandato come mai l’affondo gialloverde sia indirizzato non contro i famosi «giornaloni» ma contro testate più piccole e volentieri critiche con il governo (spesso in sintonia, come sul tema dell’immigrazione) come Avvenire e il manifesto, Conte ha risposto che «è assolutamente improprio dire che vogliamo sopprimere le voci dell’opposizione. Dal momento che le risorse tagliate ai giornali resteranno nel fondo per il pluralismo, il governo potrà adottare nuove misure a tutela del pluralismo».

«Equilibrismi verbali» li definisce il sindacato dei giornalisti, «che non cambiamo la sostanza delle cose: i tagli al fondo per l’editoria produrranno la chiusura di numerose testate e la perdita di posti di lavoro». Secondo Lorusso e Giulietti, segretario e presidente della Fnsi «resta la drammatica realtà di un provvedimento ispirato da ragioni ideologiche e che ha preso corpo con chiari intenti ritorsivi nei confronti di chi fa informazione liberamente. Restano gli appelli e i moniti del presidente della Repubblica sulla necessità di salvaguardare il pluralismo: se il presidente Conte li avesse letti, si sarebbe reso conto che avrebbe fatto meglio a tacere».

Per tutto il resto della conferenza stampa il presidente del Consiglio è riuscito ogni volta a schivare le domande. Tanto che al termine era difficile rintracciare una sola notizia tra gli appunti, se non forse quella – un dettaglio – che neanche il governo crede più che il nuovo ponte di Genova sarà operativo entro il 2019 (Toninelli aveva detto il contrario solo venti giorni fa).

Gli unici sussulti li ha provocati involontariamente proprio Conte. Prima accettando di discutere dell’ipotesi di un rimasto di governo – «se e quando si porrà il problema lo valuteremo» – poi accusando i pensionati, che ieri manifestavano contro la manovra, di «essere stati silenti quando fu approvata la legge Fornero». Finita la conferenza stampa, il suo portavoce ha dovuto fare due precisazioni. «Il rimpasto di governo è un’ipotesi inesistente», ha garantito. E quanto alle mancate proteste sulla Fornero «il presidente faceva riferimento alle sigle sindacali, non ai pensionati stessi».