È stata la vittoria dei peones 5 Stelle, dei deputati e senatori che fin dall’inizio (a volte per motivi prosaici di prosecuzione della legislatura) hanno scommesso sulla cristallizzazione del sistema: Mario Draghi a Palazzo Chigi e Sergio Mattarella al Quirinale. Ma è stata anche la prova del fuoco di Giuseppe Conte, il passaggio chiave della sua leadership.

Per questo è inevitabile provare a capire cosa è successo giovedì sera. E in che modo l’accelerazione di quelle ore, il momento pazzo che ha sembra aver condotto Conte a ballare sul Papeete accanto a Matteo Salvini, avrà ricadute sui fragili equilibri interni di fine legislatura del Movimento 5 Stelle. Fin dalla mattina il lavoro di retroguardia degli uffici di comunicazione, gli stessi che erano passati dall’entusiasmo per il compromesso raggiunto sulla «presidente donna» Belloni allo sgomento per lo scivolone sui social del proclama social di Grillo, provano a ridefinire la narrazione. «Obiettivo del M5S era evitare che Draghi andasse al Quirinale – è il plot che viene fatto circolare – Ci siamo riusciti sposando un nome che da sempre era nella nostra rosa». Dunque, tutto come da programmi.
Le operazioni di voto sono ancora in corso quando Conte si presenta ai giornalisti affiancato dai capigruppo Davide Crippa e Mariolina Castellone. «Non ci sentiamo vincitori né sconfitti – esordisce il capo grillino – Mattarella era un’opzione di garanzia. Lo abbiamo scelto quando abbiamo compreso che non c’erano le condizioni per eleggere una presidente donna». Conte giura che non esiste alcun patto gialloverde o «accordo sottobanco» con la Lega. La versione che trapela dai vertici del M5S è che il leader avesse mandato pieno a trattare anche da parte di Pd e Leu e che Belloni figurava nella lista che era stata sottoposta al leader della Lega da Enrico Letta e Giuseppe Conte. Quando Salvini, in ansia da prestazione dopo giornate disastrose, ha annunciato la candidatura di una donna al Quirinale, dicono dalla comunicazione del M5S, Conte ha accolto con favore questa disponibilità a nome del fronte progressista.

Questa ricostruzione, tuttavia, tralascia l’elemento sostanziale dell’annuncio con il quale il Garante Beppe Grillo ha confermato via social che la prescelta era proprio Belloni. È stato quello, unito ai mugugni che venivano soprattutto dagli ex renziani del Pd (i 5 Stelle dicono che sia partito tutto dal ministro della difesa Lorenzo Guerini), a far saltare la forzatura messa in campo da Salvini e Conte. A proposito di questo passaggio, tutt’altro che episodico dal momento che coinvolge Grillo in quanto figura apicale e prevista anche dallo statuto del M5S del nuovo corso, i contiani parlano di «sbavatura». L’unico che in qualche modo, tra le righe, si cimenta con l’infortunio fatale del fondatore è il capogruppo alla camera Davide Crippa. «C’è stato un tentativo di fuga in avanti di Salvini sull’ipotesi di una discussione su dei nomi – recita la sua versione – I nomi femminili erano ampiamente previsti nel tavolo di discussione del fronte progressista. Il M5S non ha fatto un nome, c’è stato un pasticcio comunicativo legato all’uscita di un post con tanto di nome».

Resta il durissimo attacco dell’altra sera Luigi Di Maio, uno che pure ha imparato a soppesare le dichiarazioni, sulla gestione della trattativa. «Ora è il momento di rimanere concentrati ci saranno occasioni per i necessari chiarimenti», dice Conte a chi gli chiede lo stato dei rapporti interni al M5S. Il ministro degli esteri esorta tutti a «rispondere non al leader di turno ma alla comunità degli iscritti».

La resa dei conti è soltanto rimandata, ma è difficile pensare che tutto questo non possa avere ripercussioni anche sul governo Draghi, alla faccia della «stabilità» che tutti i contendenti pentastellati in campo dicono di voler perseguire. «Non abbiamo mai espresso l’esigenza di un rimpasto», afferma Conte anche se annuncia di aver «chiesto un chiarimento» a Draghi. «Non possiamo limitarci ad assicurare la stabilità del governo – prosegue – Dobbiamo promuovere un confronto per siglare un patto per i cittadini».