Dopo aver affermato che Silvio Berlusconi «ha fatto anche cose buone», il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte si presenta sul palco dell’edizione natalizia di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia. In nome della «democrazia diretta» che starebbe alle radici della «forza antisistema» M5S gli viene chiesto se sosterrebbe la proposta presidenzialista di FdI. Lui dice che in questa fase non c’è spazio per una fase costituente. Propone piuttosto la sfiducia costruttiva, che «senza modificare il sistema di governo evita che si facciano ‘crisi al buio’», la fiducia a camere congiunte per evitare la possibilità che un ramo del parlamento pregiudichi l’azione del governo e la revoca dei singoli ministri.

POI SI ESPRIME sulla legge elettorale «Non esiste quella ideale – spiega – In questa fase ci sono differenti sensibilità in entrambi gli schieramenti. Io non le negherei, dunque sono per il proporzionale con soglia di sbarramento al 5%». In mattinata, Goffredo Bettini aveva espresso un’opzione analoga, peraltro riferendosi con gli scontri interni al campo largo che Enrico Letta vorrebbe in alternativa al centrodestra. «Sulla legge elettorale dico: proporzionale, proporzionale e ancora proporzionale», afferma Bettini. Che sottolinea «la difficoltà di costituire una realtà dei cosiddetti riformisti per svolgere un ruolo positivo, mentre oggi svolgono soprattutto un ruolo di incursione negativa nei confronti del Pd e degli altri partiti». Dunque, «ognuno deve riconquistare un suo profilo e le alleanze si faranno dopo la campagna elettorale, quando ognuno misurerà la sua forza».

PARLANDO ALLA FESTA del partito di Giorgia Meloni, Conte rigetta l’ipotesi che questa legislatura prosegue per inerzia e per procrastinare il taglio dei parlamentari: «Non bisogna dire che gli attuali parlamentari sono abbarbicati alla poltrona. Ve lo dice uno che ha rifiutato di candidarsi, ed è la terza volta». Poi, a proposito del collegio Roma I e della sfida di Calenda, cita un tweet col quale il leader di Azione dichiara la sua missione di tenere il M5S fuori dal governo. «La nostra democrazia cresce se ci sono interlocutori che non scrivono queste cose – commenta Conte – Non sono io ad avere problemi con Renzi e Calenda, sono loro ad averli con me».

SUL QUIRINALE, Conte non esclude un profilo di centrodestra. «Più la discussione si amplia a tutte le forze politiche più avremo la garanzia che il livello sarà elevato anche sul piano morale». Che il «piano morale» sia quello decisivo, conferma successivamente, significa evitare discriminanti politiche. Si tiene vaghissimo sui riferimenti ideali del suo M5S: «Nel nostro Pantheon ci sono tutti gli italiani che hanno onorato la storia patria». Ma in fondo non è l’unico a barcamenarsi: è ospite di un evento che mescola certo immaginario fantasy di cui la destra postfascista si è appropriata con la difesa delle tradizioni minacciate dalla presunta cancel culture.

A QUESTO PUNTO gli viene chiesto quali sarebbero le «cosa buone» fatte da Berlusconi. Domanda scivolosissima, viste le origini del M5S. «Berlusconi a interpretato il sentimento generale e ha avuto un grande consenso – risponde Conte – Ha avuto la capacità di interpretare il desiderio di bipolarismo. Ha contribuito in questo modo a spingere partiti che erano più a destra verso l’area di governo». Poi il giudizio sul suo successore a Palazzo Chigi: «A Draghi riconosco il merito di aver continuato ad applicare politiche espansive. Io ho dovuto superare sette camice da presidente del consiglio per superare il dogma del rigorismo». Conte dice chiaramente di sentirsi parte di uno schieramento progressista ma non rinuncia a lanciare segnali al popolo della destra, come sul tema della giustizia: «L’ergastolo ostativo è fondamentale e su questo sono contento di essere d’accordo con Fratelli d’Italia, non dobbiamo cedere» dice strappando qualche applauso. Significa che firmerebbe i referendum sulla giustizia? «Li ho scorsi molto frettolosamente – risponde – Alcuni li potrei sottoscrivere, ma in generale mi pare ci sia una sorta di rivalsa del potere politico su quello giudiziario, sono d’accordo che quest’ultimo deve muoversi nella legalità e interpretare lo stretto diritto. Ma in quei referendum c’è una prospettiva in cui si rivendica il primato della politica e si pensa di dare qualche scappellotto alla magistratura».