Ogni giorno che passa Giuseppe Conte assomiglia sempre di più a Matteo Renzi. Sta per varare un decreto – lo annuncia costantemente da una settimana, lo «sblocca cantieri» – quasi identico a quel Sblocca Italia che diede mano libera a trivelle ed escavatori azzerando controlli e licenze. Da ieri poi i due sono accomunati anche dalla finta inaugurazione di stabilimenti industriali. Se Renzi nei mesi pre referendum costituzionale ha toccato medie incredibili, Conte è un novellino partito però in grande sia come livello di finzione che di oggetto dell’inaugurazione. A Valeggio sul Mincio (Verona), ha partecipato alla cerimonia di inaugurazione dello stabilimento di Fincantieri Infrastructure in cui si è celebrato il taglio della prima lamiera destinata alla costruzione del nuovo viadotto sul Polcevera di Genova. Il più felice di tutti però era Giuseppe Bono. L’amministratore delegato di Fincantieri festeggiato da Conte ha avuto così il placet dal capo del governo per la sua conferma, finora in bilico per la volontà del M5s di rinnovamento. Ma l’ultimo boiardo di stato – è in carica dal 2002 – è riuscito a sopravvivere e continuerà a comandare anche col sedicente «governo del cambiamento». Bono fra due settimane compierà 75 anni ed è di gran lunga il manager più longevo delle aziende a capitale statale. La finta inaugurazione è avvenuta alla presenza del traballante minitro Toninelli, del sindaco e commissario straordinario di Genova Marco Bucci e di Alberto Maestrini, Presidente di PerGenova, società creata per la realizzazione dell’opera da Fincantieri e Salini Impregilo, ieri rappresentata dal suo amministratore delegato Pietro Salini.
In realtà a Valeggio lo stabilimento- «un’area di 110.000 metri quadrati, di cui 30.000 coperti» -c’è da decenni ed era della società Cordioli, fallita come tutto il gruppo veronese Tosoni, due anni fa.
La Cordioli è stata acquisita come ramo d’azienda da Fincantieri Infrastructure, costituita proprio due anni fa, a Verona con gli ingegneri e i quadri della Cordioli. L’obiettivo – inizialmente residuale di Bono era entrate nella costruzione dei ponti.
«In realtà Fincantieri Infrastructure ha salvato metà della Cordioli perché dei 68 operai ne ha riassunti solo 30 – denuncia Emanuela Mascalzoni, segretaria provinciale della Fiom di Verona – . Lo stabilimento e i macchinari della Cordioli li hanno comprati subito e a prezzo di saldo, su gli operai invece c’è stata battaglia e anche i 30 hanno dovuto rinunciare all’articolo 18 e a un po’ di salario. La trattativa con l’amministrazione straordinaria e la stessa Fincantieri è stata molto dura. Noi l’accordo non lo abbiamo firmato ma abbiamo salvato gli altri 38 con un anno di cassa integrazione proprio grazie al decreto Genova che l’ha reintrodotta per la Bekaert: ora speriamo possano rientrare in azienda grazie alla costruzione del ponte di Genova».
In pratica acquisendo la Cordioli Fincantieri si è comprata il know how sui ponti che non aveva. La conferma arriva analizzando i ponti progettati finora e costruiti con pezzi in acciaio prodotti dal cantiere di Palermo, da anni senza commesse di navi. Sono solo due – uno in Belgio (Albertkanaal) e uno sulla Vigevanese (Pavia) – ma entrambi hanno due arcate da rispettivamente da 128 e 140 metri. Niente di lontanamente paragonabile agli 1,2 chilometri del Morandi.
Ora Fincantieri può farsi bella della nuova acquisizione perfino con il governo. Bono ieri ha dichiarato soddisfatto: «Ci riempie di orgoglio aver contribuito al rilancio di un’azienda così importante. Di fronte agli spazi lasciati vuoti da altre industrie che operano nel campo delle grandi opere, falcidiate dalla crisi che ha pesantemente investito il settore, siamo intervenuti per evitare che scomparissero attività che hanno reso l’Italia famosa nel mondo». Bono ha poi concluso: «Siamo estremamente grati al presidente Conte perché con la sua presenza ha voluto testimoniare l’enorme importanza che il manifatturiero riveste per il paese». E per la sua conferma a capo di Fincantieri.