«Sono stati mesi difficili, abbiamo superato momenti di stanchezza. Possiamo ripartire con il vento delle battaglie che verranno». Si ricomincia così. E una vaga sensazione di déjà vu assale lo spettatore quando un Giuseppe Conte abbronzato in camicia bianca annuncia agli iscritti il nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle rigenerato.

TUTTAVIA la scena non è proprio identica a quella con la quale, ormai cento giorni fa, l’ex presidente del consiglio annunciava di accettare la leadership che Grillo gli aveva consegnato. In quell’occasione Conte era l’uomo della provvidenza, il personaggio che arrivava a salvare i 5 Stelle dalla lenta disgregazione. Questa volta parla da un pulpito che gli è stato consegnato a fatica, dopo uno scontro durissimo e in seguito a una complicata opera di mediazione. Prima chiedeva di essere l’uomo solo al comando, con pieni poteri e garanzia di portare avanti in autonomia la linea politica. Adesso, anche se sta al vertice e mette ai voti uno statuto che garantisce divisione dei compiti e piena legittimità nel decidere la rotta (la sua carica dura per quattro anni, «è l’unico titolare e responsabile della determinazione e dell’attuazione dell’indirizzo politico del Movimento 5 Stelle»), deve riconoscere l’esistenza del garante (che rimane al suo posto a tempo indeterminato ed «è il custode dei valori fondamentali dell’azione politica oltre ad avere «il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme dello statuto»). Gli altri contrappesi al potere di Conte sono politici più che formali: alle sue spalle ci sono corpi intermedi e al suo fianco incombono i tessitori che hanno consentito l’accordo e che vigilano sul suo operato.

IMPOSSIBILE non pensare a Luigi Di Maio. Il quale ogni volta che Conte fa un annuncio trova l’occasione per garantirsi un titolo. Giusto ieri, con sincronia che lo contraddistingue da settimane a questa parte, ha parlato due ore prima del nuovo presidente grillino: «Credo di aver dimostrato in questi ultimi dieci giorni che credo nella mediazione e nel trovare sempre un’intesa» dice il ministro degli esteri rivendicando il suo ruolo.

CONTE È PIÙ stringato del solito, se la cava in meno di dieci minuti. Invita il governo a «non smantellare il reddito di cittadinanza, piuttosto miglioriamolo». E ancora: «Ci rivolgeremo anche a quel ceto medio che oggi fatica ad arrivare a fine mese. Ma vogliamo sostenere anche il ceto produttivo, che ha bisogno di regole certe e di una burocrazia efficiente. Ci batteremo per uno statuto dell’impresa». Sulla riforma della giustizia, vero primo campo di prova della sua leadership, promette: «Non accetteremo mai che il processo penale possa rischiare l’estinzione». Poi esprime un invito all’unità e all’apertura: Sono con quelli che hanno sempre creduto nel M5S e con i nuovi amici che vogliono camminare al nostro fianco, insieme, ora». Lo statuto del Movimento 5 Stelle stabilisce che da ora in poi una delle stelle, asse portante della linea politica sarà il perseguimento della «economia eco-sociale di mercato», espressione che ricorda il concetto ordo-liberale con una spruzzata di ambientalismo. Impossibile non notare il passaggio, impensabile fino a poco tempo fa, che invita gli iscritti alla morigeratezza nelle espressioni verbali, soprattutto nei social: «La facilità di comunicare consentita dalle tecnologie digitali e alcune dinamiche innescate dal sistema dell’informazione non devono indurre a dichiarazioni irriflesse o alla superficialità di pensiero».

DOMANI ALLE 11 Conte vedrà Mario Draghi. Più che portargli il cahiers de doléances del M5S rispetto al governo, ha la necessità di trovare un compromesso onorevole che gli garantisca un ruolo attivo ma lo tenga dentro la maggioranza. Glielo dice chiaramente, ancora una volta Di Maio: «Fino a qualche anno fa le nette differenze premiavano – è il pensiero di Di Maio – Questa è l’epoca in cui i cittadini ci stanno chiedendo di trovare delle soluzioni tutti insieme e quindi c’è una ragione in più per cercare di stare in armonia, senza compromessi al ribasso ma facendo gli interessi degli italiani». Più chiaro di così…