«Vi chiedo di abbracciare e sostenere il nuovo corso, ci vorrà un po’ di tempo per realizzarlo ma c’è bisogno di tutti», dice Giuseppe Conte all’assemblea serale congiunta di deputati e senatori del Movimento 5 Stelle. Ufficialmente, dovrebbe essere uno degli incontri periodici cui il leader si sottopone per ascoltare i gruppi parlamentari e discutere con loro le mosse successive. All’ordine del giorno figura il punto sulla manovra finanziaria: «La nostra forza politica si può definire integra. Alcune battaglie sono state così insistenti che abbiamo convinto gli altri», afferma il capo politico rivendicando migliorie al reddito e la battaglia sul Superbonus. Ma di fatto non è questo il tema centrale. Il nodo è sullo sfondo: Giuseppe Conte torna da deputati e senatori per fare un passo indietro e non dev’essere un caso se per la prima volta da quando ha annunciato la sua discesa in campo il suo intervento non viene trasmesso in streaming dalla sua pagina Facebook.

Dopo che aveva nominato i cinque vicepresidenti pescando soltanto dai suoi fedelissimi, manifestando l’intenzione di voler tirare dritto ed essere disposto anche a rotture pur di avere il pieno controllo del M5S, Conte deve tornare a Canossa. Deve confrontarsi con quella caotica e a volte indistricabile matassa che è diventata l’assemblea degli eletti. «Verrò una volta alla settimana alla Camera e una al Senato per incontrarci», dice per far intendere che ha colto il messaggio che è arrivato soprattutto dal Senato, dove il suo candidato alla presidenza del gruppo Ettore Licheri ha dovuto lasciare il passo a Mariolina Castellone. Anche perché i contiani rischiano ancora di più alla Camera, dove Davide Crippa si ricandidata a capogruppo (si vota ai primi di dicembre) ed ha margini di vittoria. Se così dovesse essere, il leader dimostrerebbe di non avere pieno controllo sui parlamentari, anche se tutti negano che di questo si tratti e soprattutto anche se (quasi) tutti facciano a gara a definirsi contiani Doc e a mettersi sulla scia del nuovo corso lanciato dall’ex presidente del consiglio.

Ancora, Conte ha il problema di far comparire i suoi cinque vice, che erano stati scelti anche come volti del nuovo Movimento 5 Stelle. Il che finora non è avvenuto, visto che in televisione non compaiono. Nei giorni scorsi, peraltro, prima Luigi Di Maio e poi Vincenzo Spadafora (ma a stretto giro è attesa l’uscita editoriale di Lucia Azzolina) si sono presi gli spazi più ambiti per presentare i loro libri.

Insomma, pare che l’allarme che arriva dai gruppi sia stato recepito al punto che questa volta è stato Conte, ed è la prima volta che accade, a chiamare Beppe Grillo per chiedergli di venire a Roma e intercedere direttamente presso i parlamentari. La presenza del Garante era annunciata fino a ieri mattina, poi viene smentita. Alla fine dicono che Grillo spunterà, prima o poi in questi giorni, per una delle sue incursioni. Si parla di legge di bilancio, dunque, ma sullo sfondo c’è la partita per il Quirinale. Anche su questo fronte ha dovuto fare un passo indietro. Dopo aver paventato la possibilità di eleggere Draghi, il che nonostante le smentite e le ipotesi alternative avrebbe significato urne anticipate e rinascita di un M5S in parlamento ridotto ma tutto contiano, Conte smentisce che questa sia la proposta del M5S. Soltanto l’ipotesi della fine prematura della legislatura, da queste parti, viene tradotta in simultanea con le parole «tutti liberi». Anche per questo Di Maio, un altro che giura e spergiura di lavorare accanto al nuovo leader e non contro, si è infilato nella partita dell’elezione del presidente della repubblica trascinandosi dietro molti parlamentari. Anche di questo Conte deve rispondere. Nel frattempo cerca di assicurare l’unità tra i suoi: «Ci dipingono come un gruppo conflittuale, ma non è così», ribadisce invocando «uno scatto di dignità». Ma a tratti pare più un auspicio che una constatazione.