Che nel Movimento 5 Stelle ci sia confusione sembrerebbe una non-notizia, un tormentone destinato a ripetersi. Ma i fatti dicono che nonostante il tentativo da parte di Beppe Grillo e Luigi Di Maio di raffreddare lo scontro sulla riforma della giustizia, la questione torna a essere calda.
Se ne accorge Giuseppe Conte in serata, quando incontra in deputati in presenza e i senatori in videocollegamento. I primi, almeno in teoria, rappresentano l’ala degli eletti a minor tasso di contiani, oltre ad essere i protagonisti dello scontro sulla giustizia. L’ex premier doveva dedicarsi soprattutto a spiegare il nuovo statuto. Ma il fuoco sulla giustizia che covava sotto la cenere della concordia apparente è rispuntato ore prima, quando Nicola Gratteri e Federico Cafiero De Raho vengono auditi dalla commissione giustizia, presieduta dal grillino Mario Perantoni. A quel punto i membri del M5S della commissione avevano diffuso un comunicato che prometteva battaglia: «L’audizione di Nicola Gratteri è stata drammaticamente chiara – affermavano – la riforma del processo penale messa a punto dalla ministra Marta Cartabia deve essere modificata». In commissione sono piovuti centinaia di subemendamenti a firma dei 5 Stelle, non esattamente un segnale di concordia. Anche gli ottimisti dicono che trattasi di pretattica, che ancora i giochi veri sono tutti da farsi.

In effetti il capogruppo in commissione Antonio Saitta sembra alleggerire i toni: «Siamo pronti a lavorare con serenità per trovare un punto d’incontro». Fatto sta gli emendamenti toccano tutti i punti della riforma. Quanto all’articolo sulla prescrizione, i deputati M5S ne presentano solo uno: soppressivo.

Ci prova il capogruppo al senato, considerato molto vicino a Conte, a tracciare una relazione tra nuovo statuto e giustizia. «Nel nuovo statuto è indicato che lottare contro le criminalità organizzate e il malaffare significa difendere la parte sana dell’economia, di chi opera nella legalità – scandisce Licheri – Ringrazio Vito Crimi che in questi mesi ha dimostrato quanto ami il Movimento 5 Stelle, questa creatura».

Conte conferma le sue doti di buon incassatore e prosegue sulla linea che ha tirato il giorno precedente. Ha bisogno di rassicurare i governisti ma tenere buoni quelli che vorrebbero rompere. Lo ribadisce: sul processo penale bisogna evitare che restino sacche di impunità ma aiutare la maggioranza ad accelerare i tempi della giustizia. Dunque, la riforma non passerà così ma il leader lascia intendere che non può essere stravolta. Anche se, racconta, «ho detto chiaro a Draghi che c’è un limite che non si può oltrepassare. Noi non siamo manettari ma non possiamo accettare che ci siano processi che spariscano nel nulla».

Sul resto Conte assicura che il M5S lavorerà per difendere i suoi provvedimenti e le conquiste dei suoi governi. E infatti già dal pomeriggio Conte ha parlato di altro. Di reddito di cittadinanza, il tema sul quale Draghi gli avrebbe già dato garanzie che il nuovo leader traduce in questo modo e che gli consente di polemizzare con l’arci-nemico Matteo Renzi: «Il M5S sta lavorando per migliorare il reddito di cittadinanza e un suo più efficace collegamento con le politiche attive per trovare lavoro – spiega Conte – Ma giù le mani da uno strumento che, dati alla mano, ha inciso positivamente sui livelli di povertà, sulle disuguaglianze. Non consentiremo a nessuno di togliere gli ombrelli di protezione ai più deboli in mezzo a un diluvio».