«Siamo pronti a portare in parlamento alcuni profili dei decreti sicurezza che ci paiono meritevoli di essere cambiati. C’è già un accordo di massima tra le forze politiche». Da Madrid, dove si trova in visita ufficiale, il premier Giuseppe Conte conferma che il lavoro per rimettere mano ai decreti anti-immigrati voluti da Matteo Salvini potrebbe essere vicino alla fine. Oggi pomeriggio alle 17 al Viminale tornano a riunirsi i rappresentanti della maggioranza impegnati nella riscrittura dei provvedimenti. Nell’ultima riunione il M5S ha fatto passi avanti in direzione degli verso alleati presentando un documento in cui si propone di fatto la ricreazione del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) più che dimezzato da Salvini quando era ministro dell’Interno, la riduzione da 180 a 90 giorni del tempo di detenzione nei Centri per i rimpatri (Cpr) e l’allargamento delle categorie per le quali è possibile accedere alla protezione umanitaria. Tutti punti che hanno trovato l’accordo di Pd, LeU e Italia Viva. Le posizioni restano invece ancora lontane su due punti: le multe alle navi delle ong impegnate nel salvataggio dei migranti, che i pentastellati vorrebbero mantenere per come erano previste nella versione originale del decreto sicurezza bis (tra i 10 mila e i 50 mila euro), mentre gli altri vorrebbero che non se parlasse proprio più. Infine i tempi del nuovo decreto, che il Movimento di Grillo vorrebbe far slittare a settembre. Su questo punto il premier ha preferito non sbilanciarsi: «Concorderemo un piano con i capigruppo – ha spiegato -perché il parlamento sta lavorando tantissimo per convertire i tanti decreti legge dovuti alla pandemia».

Quello che è certo è che non c’è tempo da perdere visto quanto accade tutti i giorni nel mediterraneo. Si è appena conclusa la vicenda della nave Ocean Viking con lo sbarco a Porto Empedocle di 180 migranti, che ieri Alarm Phone ha segnalato l’ennesima tragedia: un gommone riportato indietro dalla cosiddetta Guardia costiera libica dopo essere rimasto in mare una settimana durante la quale sette migranti sarebbero morti.

Di quanto accade nel tratto di mare tra la Libia e l’Italia ieri è tornato a parlare anche papa Francesco, in occasione del settimo anniversario della visita a Lampedusa, suo primo viaggio da pontefice. E lo ha fatto per condannare i respingimenti in mare dei migranti, riportati a forza in un paese, la Libia, che per loro è un «inferno», un «lager». «Ci danno una versione “distillata”», ha detto parlando di quanto accade nei centri di detenzione. «La guerra sì è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l’inferno che si vive lì, in quei “lager” di detenzione. E questa gente veniva soltanto con la speranza di attraversare il mare».

A chiedere la chiusura dei centri di detenzione libici è anche l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, preoccupata oltre che dalle violenze compiute sui migranti anche dall’espandersi in Libia dell’epidemia di Coronavirus. c.l.