Giuseppe Conte sceglie il dibattito sull’Italia «verde e giusta» (ospitato dai parlamentari eletti in Leu che oggi sostengono il governo Draghi Loredana De Petris, Francesco Laforgia e Luca Pastorino) per tracciare un pezzo del cammino che sta intraprendendo alla guida del Movimento 5 Stelle.

PRIMA DI LUI parla il sindaco di Milano Beppe Sala, che si dice «solidale con lo sforzo di Conte per traghettare verso il futuro il M5S» e che auspica: «Mi auguro che lo faccia verso il centrosinistra senza ambiguità». L’ex presidente del consiglio risponde netto: «Avrete un M5S che sarà collocato in questo campo – è la garanzia del traghettatore – Sarà più riformatore che mai, sarà di stimolo e pronto a un dialogo strutturato che rispetti le differenze e che costruisca un percorso in cui potremo presentare un progetto di società inclusivo e aperto».

A UNO SGUARDO superficiale si direbbe che Conte interloquisce con quel pezzo di sinistra che rimpiange il suo governo e la maggioranza con M5S e Partito democratico. Andando a fondo, si capisce che la componente di sinistra dell’attuale maggioranza è in forte sofferenza. «La pandemia sta cambiando tutto, per questo è abbastanza incomprensibile che non campi la politica» dice Laforgia. Il deputato Luca Pastorino è forse ancora più esplicito quando denuncia il «rischio della perdita di valori nel nome della velocità, non ci sono più stanze di compensazione, si fa fatica a porre dei principi e degli obiettivi».

ARTURO SCOTTO di Articolo 1 riconosce che «la scelta di sostenere il governo Draghi ha avuto prezzi molto difficili per ciascuno di noi. Adesso siamo dentro un quadro più regressivo, stiamo gestendo una sconfitta». Si tratta di confrontarsi con «una destra nuova, che a differenza di quella dell’epoca di Thatcher e Reagan non vuole abbattere le protezioni ma al contrario vuole ripristinare le barriere statali. Soltanto che con la pandemia hanno assunto posizioni anarco-individualiste: lì si è aperto uno spazio di egemonia, di rinnovato bisogno di beni comuni da sottrarre al mercato».

CONTE RIVENDICA il suo ruolo nel recente passato: «Abbiamo già lavorato insieme – dice – Abbiamo affinato la capacità di offrire concrete risposte ai bisogni dei cittadini, abbiamo sperimentato questa capacità di dialogo in una fase critica della storia del nostro paese. Abbiamo commesso errori, ma nessuno però può contestare il fatto che abbiamo scritto pagine importanti nel processo riformatore del paese». Poi annuncia l’ ulteriore elemento di discontinuità che era già stato pensato da Grillo prima che il leader prendesse il timone: «Nel logo del Movimento 5 Stelle comparirà un anno significativo, il 2050, l’anno della neutralità climatica. Il neo-Movimento si porrà un orizzonte ampio».

MA IL NUOVO LEADER deve ancora dare corpo al processo di rigenerazione dei 5 Stelle. Dopo l’incontro con Beppe Grillo sul nuovo statuto, si è riproposto il conflitto sul tetto dei due mandati: Conte vorrebbe evitare di parlarne adesso, nel corso dell’atto fondativo del nuovo soggetto che dovrebbe avvenire entro la fine del mese, ma evidentemente ha ben presente la richiesta (ancora ieri ribadita da molti degli eletti di primo piano) di cancellare il limite alle ricandidature. Grillo non sarebbe dello stesso avviso, il che pone un problema immediato di gestione delle truppe. Il tema è fortemente divisivo, ieri sera si doveva tenere l’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari ma è stata rinviata a data da decidere. Il nuovo leader spera che qualsiasi decisione si prenda, probabilmente procrastinando fin quando sarà possibile, verrà suffragata dal voto degli iscritti. Ma potrebbe non essere così facile. Ha gioco, facile Alessandro Di Battista, dato in partenza per la Colombia: «È avvilente leggere le dichiarazioni di moltissimi parlamentari del M5S -dice – Oggi, a pandemia non ancora finita e con la classe media al collasso e una crisi sociale fuori dal comune, preferiscono metter bocca sulla regola del doppio mandato con l’obiettivo di cancellarla e poter continuare a vivacchiare nelle istituzioni».