Il giorno dopo aver spiazzato tutti annunciando che il governo italiano non parteciperà alla conferenza dell’Onu sull’immigrazione, Matteo Salvini torna a mostrare la faccia dell’alleato leale e pronto ad ascoltare i soci del Movimento 5 Stelle. «Abbiamo sempre trovato una posizione comune con Conte e Di Maio, non riusciranno a farci litigare», dice rassicurante intervenendo a Porta a Porta.

Il ministro degli Interni fa riferimento al Global Compact, il piano messo a punto dall’Onu per una gestione comune del fenomeno migratorio diventato ultimo oggetto di scontro tra gli alleati. Piano che fino a quando due giorni fa Salvini non ha improvvisamente cambiato le carte in tavola, aveva il consenso convinto e dichiarato pubblicamente del premier Giuseppe Conte, del ministro degli Esteri Moavero Milanesi e dei 5 Stelle. Tutti costretti a rivedere di corsa le proprie posizioni, allineandole a quelle della Lega. Che di un piano globale sui migranti invece non vuole neanche sentir parlare: «L’immigrazione nel mio Paese la gestisce il governo italiano, non qualcuno dall’altra parte del mondo», ribadisce in televisione Salvini stravolgendo i contenuti dell’iniziativa voluta dalle Nazioni unite.

Da parte sua anche Luigi Di Maio prova a gettare acqua sul fuoco dicendosi sicuro di riuscire arrivare a un accordo sul Global Compact con il Carroccio, ma è indiscutibile che la mossa a sorpresa del leghista ha fatto di nuovo alzare la tensione tra i pentastellati, già messi a dura prova per aver dovuto accettare il decreto sicurezza imposto sempre dal ministro degli Interni. Il 10 dicembre a Marrakech – dove di terrà il vertice Onu – sarà presente l’europarlamentare 5 Stelle Laura Ferrara, a dimostrazione di quanto la scadenza sia stata seguita e preparata dal Movimento. Almeno da quei parlamentari restii a piegarsi ogni volta al volere della Lega: «Pretendere una gestione condivisa dell’immigrazione e poi disertare le sedi dove se ne parla è come minimo un’idiozia ma si avvicina ad essere una vergogna», si sfogava ieri su Facebook Elena Fattori, uno dei cinque senatori dissidenti che hanno provato a cambiare il decreto sicurezza quando questo di trovava a Palazzo Madama. E dall’Argentina – dove si trova per il G20 – perfino Conte sente il bisogno di fare qualche precisazione: «Non è vero che l’Italia non fa più parte del progetto» Onu, sottolinea il premier smentendo così Salvini. Pur ammettendo la presenza di posizioni differenti con i suoi vice: «Visto che c’è anche una divergenza di opinioni e di vedute nel governo, ho proposto di parlamentarizzare i dibattito, mi fa piacere che se ne discuta pubblicamente».

Ieri la conferenza dei capigruppo alla Camera ha deciso di discutere del Global Compact nei giorni che vanno dal 17 al 22 dicembre, molto dopo, quindi, che in Marocco si sarà chiusa la conferenza Onu. Le opposizioni hanno chiesto a Conte di riferire in aula una volta tornato in Italia, mentre è già fissato un suo intervento per il 12 dicembre, alla vigilia del Consiglio europeo, ma alcuni deputati leghisti ieri davano già per spacciata ogni possibile discussione. Il Global compact «è sepolto» a meno di no rischiare «una crisi di governo», spiegavano ieri alcuni parlamentari del carroccio. E la prova sarebbe proprio nell’aver deciso di calendarizzare la mozione di FdI contro il Global per il 22 dicembre quando, hanno spiegato le stesse fonti, ci saranno ancora le votazioni sulla legge di bilancio».

Intanto il Pd si mobilita contro il decreto sicurezza appena diventato legge. Maurizio Martina ha annunciato ieri di voler avviare una raccolta di firme per un referendum abrogativo. L’iniziativa prenderà il via il 3 marzo in concomitanza con le primarie del Pd.