«La traiettoria politica è sempre quella: il dialogo col Partito democratico è intenso, c’è molta affinità per quanto riguarda alcuni obiettivi di fondo. Dobbiamo rafforzare questo dialogo per presentare un progetto paese, per condividere gli obiettivi e sfruttare questa sinergia». Giuseppe Conte si presenta in Emilia Romagna, con gran finale in notturna a Bologna sul palco della festa nazionale dell’Unità, e ne approfitta per stringere a doppia mandata l’accordo che unisce il suo Movimento 5 Stelle al Partito democratico.

QUI DOVE AVVENNE il primo risultato elettorale significativo della storia del M5S (un inatteso 7% alle regionali del 2010) e dove ci fu la prima consistente campagna di epurazioni, il M5S sperimenta la coalizione elettorale con centrosinistra a sostegno di Matteo Lepore. Persino il due volte candidato sindaco grillino Max Bugani, un tempo molto vicino a Davide Casaleggio e poi stretto collaboratore di Virginia Raggi, ha spiegato che questa tornata alle urne segna un’altra fase della storia. E che è finito il M5S in cui qualunque elettore poteva vedere nel brand pentastellato quello che più gli si confaceva. «A Bologna abbiamo costruito un progetto serio, così come il patto per Napoli che abbiamo costruito e la Calabria, che consideriamo una regione bistrattata e che invece deve avere modo di partecipare alla ripartenza del Pnrr», dice Conte quando gli si chiede come mai l’alleanza non è decollata dovunque.

SULLA CONTESA che riguarda Roma, l’ex premier trova una formula che smussa il conflitto con il centrosinistra e prova a ridisegnare le geografie elettorali: «Pd e M5S hanno proposte concorrenti, ma la vera alternativa è la destra, visto l’esito delle urne ci metteremo attorno a un tavolo e valuteremo. Per le molte affinità che abbiamo col Pd,siamo alternativi alle politiche della destra,che ancora non ha deciso quali responsabilità prendersi di fronte al paese nonostante la siutazione di emergenza che vivamo ormai da tempo».

IL M5S HA DECISO di schierarsi da una parte, e lo fa in una città rappresentativa della storia delle amministrazioni di sinistra come Bologna. Conte arriva in città, e viene a dargli man forte anche Luigi Di Maio, dopo alcune tappe nel nord Italia nel corso delle quali ha constatato l’altalenante forza dei 5 Stelle sui territori e la necessità di rifondare la struttura a partire dalla base. Al punto che in mattinata si lascia sfuggire una dichiarazione in cui confessa di essere stanco ma promette che lascerà il M5S in mani sicure: «Rilanciare il M5S è una faticaccia enorme, non credo reggerò a lungo. Quando sarà il momento troveremo qualcuno più bravo di me».

POI, NEL CORSO del pomeriggio Conte va a Cattolica, che assieme a Rimini e Bologna è l’unico comune al di sopra dei quindicimila abitanti in cui il M5S presenta il suo simbolo, nonostante si voti per il rinnovo di 48 amministrazioni in tutta l’Emilia Romagna. Qui, accanto al sindaco grillino uscente (che corre senza l’appoggio del Pd) Mariano Gennari, Conte ridimensiona le sue affermazioni di qualche ora prima: «Se si assume una responsabilità sia come premier che alla guida di una forza politica e lo si fa con serietà, per i cittadini, per il bene comune, vi assicuro che è un impegno enorme che richiede un grande e costante sforza fisico. Ed è questo che volevo dire, non che sono stanco». Più tardi sente il bisogno di precisare ulteriormente il concetto: «Volevo accennare al fatto che per me la politica non sarà mai un mestiere. Sarà una vocazione».

DA ROMA QUALCUNO però sospetta che l’ex presidente del consiglio volesse mandare un messaggio ai parlamentari, che sono sulla corda per via delle nomine e del processo di ristrutturazione interna che è stato rinviato a dopo il voto e che è destinato a ridisegnare il volto del M5S. I numeri delle restituzioni dicono che mancano i fondi che servono per mettere in piedi la struttura ramificata e solida che il leader reclama, visto che non tutti hanno accettato di versare l’obolo alla nuova struttura. Conte, quando finirà il suo tour, dovrà pensare anche a questo.