Dopo 37 anni, i rapporti tra gli ayatollah che hanno fatto la rivoluzione nel 1979 e i servizi segreti Usa non smettono di far discutere. In un’inchiesta esclusiva la Bbc è tornata sui giorni precedenti alla fine dello Shah rivelando i contatti tra l’ayatollah Khomeini e due presidenti Usa che avrebbero favorito il suo rientro a Tehran. I leak, parte di documenti appena decodificati e risalenti alla guerra fredda, hanno mandato su tutte le furie l’attuale Guida suprema, Ali Khamenei, che ha denunciato la profonda «ostilità» inglese verso l’Iran e come «false» le notizie diffuse dalla Bbc.

Secondo la tv pubblica britannica, Khomeini avrebbe chiesto l’appoggio dell’amministrazione Carter per negoziare la fine del suo esilio parigino. La guida spirituale della rivoluzione avrebbe promesso in cambio un atteggiamento non «animoso» verso gli Stati uniti. Un simile messaggio sarebbe stato inviato da Khomeini nel 1963 per spiegare all’amministrazione Kennedy che un’eventuale fine della monarchia Pahlavi non sarebbe stata contro gli interessi Usa. Khamenei ha rimandato tutte le accuse al mittente durante un incontro in occasione del 27esimo anniversario dalla morte di Khomeini. La guida suprema ha anche definito gli interessi iraniani e quelli statunitensi e britannici nella regione come completamente opposti.

In riferimento all’accordo sul nucleare e al riavvicinamento con Washington, Khamenei ha frenato ancora una volta gli entusiasmi. La sola possibilità che si verifichi una vittoria repubblicana alle presidenziali Usa, sta mettendo in allerta la leadership conservatrice iraniana. Khamenei ha assicurato che Tehran non coopererà con Usa e Gran Bretagna nei conflitti regionali. Khamenei ha accusato gli Usa di rinnegare l’accordo di Vienna e che la fiducia, riposta in loro, è stato solo un «errore». Secondo Khamenei, il «Grande Satana» e la Gran Bretagna stanno usando pretesti, come la violazione dei diritti umani, per non scongelare i milioni di dollari bloccati nelle banche occidentali, come previsto dall’accordo sul nucleare.

Le parole di Khamenei arrivano anche in seguito ai piani delle Nazioni unite di consegnare aiuti alle aree siriane sotto assedio. Secondo gli Stati uniti, l’Iran troppo spesso ha interferito negli affari dei paesi della regione. Solo lo scorso anno, Tehran è stata inclusa nel colloqui di pace per risolvere il conflitto siriano in corso a Ginevra e Vienna. Nonostante l’intesa di Vienna del 2015, nuove sanzioni sono state imposte contro Tehran all’inizio di quest’anno per volontà dei repubblicani Usa di fermare la fornitura di missili S-300, avviata da Mosca.

Nonostante la vittoria dei moderati alle parlamentari della scorsa primavera, sono sempre i conservatori a controllare i centri del potere iraniano. Dopo l’ultra-conservatore, Ahmed Jannati, nominato a guida dell’Assemblea degli Esperti, è toccato ieri al conservatore, Ali Larijani, ad essere rieletto presidente del parlamento con 237 su 273. Larijiani è stato tra i politici favorevoli all’intesa sul nucleare. Il riformista Reza Aref aveva poco prima ritirato la sua candidatura.

Non si ferma neppure la censura del dissenso. È stata appena approvata una nuova legislazione che definisce come «attacchi alla sicurezza» chiunque venga accusato di crimini politici. Il Consiglio supremo del Cyberspazio ha stabilito poi nuove linee guida per i controlli sui social media al fine di monitorare il trasferimento di dati dall’Iran all’estero, in particolare via Telegram. Nei giorni scorsi, l’account del generale, Qassem Soleimani, su Instagram è stato bloccato per alcuni giorni dopo la pubblicazione di una sua foto nella città irachena di Falluja.