Con 259 nuovi casi e 4 vittime, il bollettino giornaliero segnala un contagio sotto controllo. Le regioni con più casi sono Emilia-Romagna (39 casi) e Lazio (38). Si tratta per lo più di piccoli focolai causati da turisti italiani e lavoratori migranti rientrati dall’estero. Nel Lazio, oltre un terzo provengono dai test sugli ospiti del centro di accoglienza «Mondo Migliore» di Rocca di Papa, nei dintorni di Roma. La struttura ora è «zona rossa».

L’AUMENTO DI QUESTI ultimi giorni dipende più dalle attività di screening che da un’effettiva accelerazione del contagio. Sono cresciuti i casi intercettati al rientro dai viaggi e nelle situazioni a rischio, come luoghi di lavoro e residenze per migranti in cui è difficile mantenere il distanziamento sociale. Secondo i dati ufficiali solo una minoranza dei casi a livello nazionale viene rilevata attraverso i sintomi: ieri erano 116 su 259. Ed è aumentato in misura limitata il numero di persone ricoverate, salito a 779 cioè 16 in più del giorno prima. La pressione sulle strutture sanitarie e il numero di decessi rimangono quindi su livelli modesti. Anzi, la letalità del virus sembra nettamente diminuita: negli ultimi due mesi il rapporto tra decessi e casi positivi è sceso al 7%, rispetto al 15% della prima fase dell’epidemia.

A MUTARE NON È STATO il virus ma la popolazione dei malati. Mentre all’inizio di aprile l’età media dei casi positivi sfiorava i 70 anni, negli ultimi 30 giorni è scesa a 38 anni, con una maggiore percentuale di asintomatici. Gli ultrasettantenni positivi sono scesi all’11% del totale. «Abbiamo cambiato il nostro comportamento, e le persone più anziane sono più protette», spiega su Facebook il biologo Enrico Bucci. «I giovani, invece, si infettano percentualmente di più che in passato».

Il ministro Speranza ha avviato la campagna sui social #iorispettoleregole, per invitare soprattutto i giovanissimi a una maggiore attenzione su mascherine, assembramenti e distanziamento sociale. Il timore del governo non si limita alla movida estiva, ma anche alla riapertura delle scuole a cui manca ormai meno di un mese. Il 1° settembre infatti riapriranno i nidi in molte regioni e sarà il primo test per verificare l’applicabilità dei protocolli anti-Covid.

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO Domenico Arcuri, che con la proroga dello stato di emergenza rimarrà al suo posto fino a ottobre, si dice pronto al ritorno sui banchi (se arriveranno). Ieri, inaugurando uno stabilimento di produzione di mascherine a Portogruaro (Ve), ha annunciato l’invio di 11 milioni di mascherine al giorno nelle quarantamila scuole d’Italia. «Grazie alla capacità produttiva e alle conoscenze delle nostre imprese, in questi mesi siamo riusciti a realizzare i dispositivi di protezione necessari e anche le apparecchiature di terapia intensiva e sub-intensiva – ha detto Arcuri – Abbiamo in magazzino alcune migliaia di ventilatori che non distribuiamo in questo momento perché non servono. Temiamo possano servire a partire dall’autunno». Un modo per dire che mascherine e respiratori, introvabili a marzo, sono arrivati in ritardo.

ANCHE LA CONSEGNA dei nuovi banchi scolastici a prova di distanziamento sarà una corsa disperata. La gara d’appalto per il loro reperimento prevede la consegna entro il 12 settembre da parte delle aziende. Nei giorni scorsi Arcuri ha ventilato il ricorso all’esercito per accelerare le operazioni e aiutare le aziende che, tra oggi e domani, dovrebbero aggiudicarsi l’appalto.

L’eventualità ha fatto infuriare Gianfranco Marinelli, presidente dell’associazione che riunisce i maggiori produttori nazionali di materiale scolastico: «Ci sono aziende italiane che non hanno partecipato perché prevedevano impossibile garantire la consegna. Dunque, la cosa più semplice è che la gara venga annullata». Gli dà ragione Gustavo Piga, ex-presidente Consip e docente di economia all’università di Roma Tor Vergata: «Se interverranno i militari in assenza di un blocco ai trasporti dovuto ad emergenza Covid, allora potrebbero insorgere problematiche sollevate da parte di chi ha scelto di non partecipare alla gara per l’aggravio dei costi di consegna». Se la proroga dell’incarico ad Arcuri aveva lo scopo di snellire le procedure, ora c’è il rischio che sortisca l’effetto opposto.