Quando 5 mesi fa è esplosa la questione Covid 19, l’attenzione mondiale è stata direzionata verso la possibile fonte del male, i wet market cinesi, dove migliaia di povere bestie selvatiche, mentre attendono ammassate la conclusione della loro triste sorte in pessime condizioni igieniche, funzionano anche da serbatoi e veicoli di trasmissione perfetti di più di un agente patogeno. Siamo inorriditi di fronte a quelle immagini, ci siamo detti che luoghi così barbari oltre che pericolosi non sono più giustificabili da nessuna cultura tradizionale che sia, senza magari pensare, o sapere, che luoghi molto simili si trovano anche nella civilissima Europa, e che vi può essere avvenuto lo stesso meccanismo innescatosi a Wuhan. Stiamo parlando degli allevamenti di animali da pelliccia.

TUTTO INIZIA IN OLANDA, IL PAESE QUARTO al mondo per l’allevamento di visoni. In primavera, in alcuni dei quasi cento allevamenti presenti ancora nel paese, un numero di animali al di sopra della media risulta affetto da disturbi gastrointestinali e problemi respiratori; viene rilevato anche un significativo incremento della mortalità. Il 23 aprile l’OIE (Organizzazione mondiale per la salute animale) diffonde la notizia che in due distinti allevamenti olandesi sono stati trovati alcuni visoni positivi al Coronavirus. A maggio i casi di visoni infetti in Olanda aumentano e si estendono ad altri allevamenti, e il Ministro dell’Agricoltura comunica al Parlamento non solo che probabilmente è avvenuta una trasmissione dell’infezione da essere umano ad animale, in quanto alcuni dipendenti avevano contratto il virus, ma che è plausibile anche il contrario, ovvero il contagio da essere umano ad animale: alcuni lavoratori infatti si erano ammalati e in almeno uno di loro il ceppo virale presentava la stessa sequenza genetica di quello isolato dai visoni. Mentre in Olanda si procede con l’abbattimento dei piccoli mustelidi, che alla fine saranno 600 mila, il 17 giugno viene intercettato il primo caso in Danimarca.

IL SECONDO PAESE AL MONDO per numero di allevamenti si ritroverà a ottobre con 149 allevamenti focolaio rilevati e arriverà a un abbattimento epocale: 2,3 milioni di animali. Il virus procede nella sua corsa di visone in visone e a luglio si manifesta in Spagna, in un allevamento situato in Aragona. La struttura era monitorata dalle autorità spagnole da maggio, da quando la moglie di un operaio si era ammalata di Coronavirus. Il contagio si è poi esteso a sette dipendenti e agli animali, con un bilancio finale dell’87% dei visoni positivi; ne vengono abbattuti 92.700. Questa progressione dell’orrore fa poi un salto sull’altro lato dell’oceano atlantico, nel Wisconsin, il più grande stato americano produttore di pellicce, dove in alcuni allevamenti si trovano visoni positivi al Coronavirus, poi anche in Michigan e nello Utha, dove almeno 10 mila visoni muoiono affetti da Sars-CoV -2. Tornando in Europa, il 26 ottobre tocca alla Svezia annunciare il suo primo caso.

 

E L’ITALIA? CI SONO ALLEVAMENTI di visoni? La risposta è sì. La Lav, la Lega Italiana Antivivisezione, come anche l’associazione Essere animali, ha iniziato a monitorare scrupolosamente la situazione diversi mesi fa: la prima circolare del Ministero della Salute che dispone l’avvio di una indagine epidemiologica sugli animali con sintomi viene pubblicata a maggio, dopo che proprio l’associazione animalista aveva fatto presente con una lettera quanto stava succedendo in Olanda. Ed è sempre la Lav, e non il Ministero della Salute o dell’Agricoltura, a diffondere il 27 ottobre la notizia del primo caso italiano: almeno due campioni risultano positivi al Coronavirus, prelevati in uno degli otto allevamenti attivi in Italia, che sono tre in Lombardia, due in Veneto, due in Emilia-Romagna e uno in Abruzzo, per un totale di circa 60 mila visoni.

L’ASSOCIAZIONE E’ RIUSCITA A RICAVARE questa informazione con un metodo quasi investigativo: inoltrando una lunga serie di istanze di accesso agli atti al Ministero della Salute, al Comitato Tecnico Scientifico, alle regioni interessate dagli allevamenti e facendo la quadra delle risposte ricevute. Da un documento trasmesso dalla regione Lombardia ci si è potuti accorgere che in una struttura della provincia di Cremona tra il mese di agosto e di settembre erano stati effettuati dei test diagnostici, il che significava che erano presenti animali con sintomi. Con ulteriori verifiche e richieste degli esiti dei test all’IZS, l’Istituto di Zooprofilassi Sperimentale, si è dedotto che vi erano due positività in uno dei due allevamenti della provincia di Cremona.

LA LAV ACCUSA LE ISTITUZIONI DI SILENZIO e di inerzia, in quanto non ha dato notizia dei visoni infetti da SARS-CoV-2 scoperti già ad agosto, e di cui ancora oggi non è resa pubblica la localizzazione specifica. Simone Pavesi, responsabile Lav dell’Area Moda Animal Free che sta seguendo la vicenda, non si capacita di come non sia stato reso pubblico un dato così importante per i cittadini, che hanno il diritto di sapere se magari a pochi chilometri di distanza si possa trovare un rischio potenziale di contagio. Inoltre quello che non si spiega è perché in seguito a queste conclamate positività non sia stato avviato uno screening più rigoroso, con test diagnostici in tutti gli allevamenti di visoni, come è stato fatto in Olanda e Danimarca, permettendo di scoprire dei focolai anche in allevamenti dove gli animali non presentavano sintomi.

IL MINISTERO DELLA SALUTE E LE REGIONI interessate stanno invece continuando a limitarsi all’osservazione clinica degli animali: ovvero il test diagnostico viene eseguito solo nel caso in cui vi sia un incremento della mortalità o vengano riscontrate negli animali vivi alterazioni delle funzionalità respiratorie o gastroenteriche o con altri segni clinici riconducibili ad infezione da SARS-CoV-2. Questo viene giudicato irresponsabile dalla Lav in quanto è una evidenza scientifica già ampiamente documentata nei focolai di allevamenti olandesi che i visoni possono essere portatori del virus in modalità asintomatica.

LA LAV IN QUESTI GIORNI HA SCRITTO per la terza volta al Ministro della Salute Speranza e al Comitato Tecnico Scientifico, da cui le volte precedenti non ha ottenuto risposta. Ora ha aggiunto ai destinatari anche il Presidente del Consiglio Conte per ribadire che i dati che emergono dagli studi condotti dall’Istituto Nazionale della Sanità Olandese e da enti scientifici danesi rappresentino la diffusione del virus in queste strutture come un problema molto serio, chiedendo che vengano eseguiti test diagnostici per tutelare la salute pubblica. Si insiste inoltre con la richiesta da tempo portata avanti, ovvero che l’attività di allevamento di visoni per farne pellicce venga bandita, con la massima urgenza come è stato fatto in Olanda, quindi già entro l’anno, evitando così di avviare nuovi cicli di produzione di strutture che oltre ad essere eticamente inaccettabili per le sofferenze che causano agli animali, si configurano come vere e proprie fabbriche di virus.

La Lav su questo chiede anche ai cittadini di attivarsi, firmando una petizione (https://www.lav.it/petizioni/emergenza-visoni).