I 674 decessi per Covid-19 e i quasi 18 mila nuovi casi positivi al coronavirus registrati ieri mostrano che la discesa dal picco della seconda ondata si è fermata. Negli ultimi sette giorni la media di casi giornalieri è stata di 16558 casi, contro i 16704 della settimana precedente. Stesso calcolo per i decessi: 643 al giorno in media questa settimana, erano 647 sette giorni fa.

Il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro nel presentare l’analisi settimanale sulla situazione epidemiologica nazionale cerca una spiegazione al numero di morti ancora altissimo nelle condizioni dei nostri anziani, longevi ma non così sani. «Nel nostro Paese si vive a lungo ma l’età media priva di disabilità non è pari alla vita media», spiega. «Tra la vita media priva di disabilità e la vita media c’era un gap da colmare già prima della pandemia. Queste fasce di popolazione sono quelle maggiormente a rischio».

LA STABILITÀ DEL DATO nazionale nasconde il deciso spostamento del contagio verso il nord-est. Negli ultimi 14 giorni le regioni con una maggiore incidenza di nuovi casi per centomila abitanti sono infatti Veneto (4211 casi positivi solo ieri), Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna. In queste regioni i casi negli ultimi 7 giorni sono più di 200 ogni centomila abitanti, contro una media nazionale di 166. Ma in tutte le regioni è superiore alla soglia di 50 casi ogni centomila abitanti fissata dagli esperti per parlare di «contenimento» dell’epidemia e non di «mitigazione». «In quasi tutte le regioni c’è stata una decrescita dei nuovi casi tranne alcune: l’Rt superiore a 1 è presente in più regioni», segnala Brusaferro. Si tratta di Veneto (1,08), Lazio (1,04) e Lombardia (1,02), tutti indici calcolati sui dati di una settimana fa per i cronici ritardi nella trasmissione dei dati. Tenendo conto del sovraccarico sul sistema sanitario, la valutazione del rischio è valutata come «alta» in Veneto, Lazio e Liguria. In 13 regioni, infatti, il tasso di occupazione delle terapie intensive è ancora al di sopra della soglia critica del 30%.

IL RISCHIO È CHE UNA TERZA ondata arrivi quando l’impatto della seconda è ancora elevato. «Questa è la novità di questa settimana», spiega Brusaferro. «Abbiamo un Rt che cresce a livello nazionale da 0,82 a 0,86. È un elemento importante che si inquadra con quello di tutti i Paesi europei. Sappiamo che l’indice Rt è il primo elemento a muoversi, seguito dai nuovi casi, poi dai ricoveri e infine dai decessi. Dunque un movimento di crescita di Rt, anche se minima, è un elemento di grave preoccupazione. Ed è stato preceduto da fenomeni analoghi anche in altri Paesi dell’Unione Europea, quindi è un trend che va preso molto seriamente».

Non è uno scenario tranquillizzante per le vacanze di Natale. «Sappiamo che sono periodi caratterizzati da grande mobilità e da grandi interazioni interpersonali, elementi che favoriscono la circolazione del virus. Dobbiamo contrastare immediatamente le tendenze individuate per abbassare l’incidenza di nuovi casi per arrivare alla ripresa delle attività in maniera più sicura».

«È UNA PICCOLA ma significativa inversione di tendenza perché un Rt in risalita con tre regioni sopra 1 è un dato importante», gli fa eco Gianni Rezza, direttore generale della prevenzione e membro del Comitato Tecnico Scientifico che snocciola i numeri alla stampa insieme a Brusaferro. «Oggi ci sono 189 ingressi in terapia intensiva, ieri erano stati 183: una tendenza stabile. Sarà difficile far diminuire il sovraccarico delle terapie intensive se non si abbassa l’incidenza del virus».

Sul numero elevato di vittime per la pandemia, Rezza invita però a evitare i paragoni. «Abbiamo un eccesso di mortalità che sarà intorno al 40%, un dato sovrapponibile a quello di altri Paesi europei dal Belgio, alla Svezia, al Gran Bretagna. La Germania sembra averlo più basso, ma in questi giorni purtroppo anche loro hanno molti decessi. Bisogna stare molto attenti a fare i confronti».